Agrigento, blitz antimafia tra Menfi e Sciacca: otto fermati

di Redazione

Menfi (Agrigento) – Otto persone sono state fermate, fra Sciacca e Menfi, in quanto indiziate di partecipazione ad associazione a delinquere di tipo mafioso. A disporre il fermo è stata la Dda di Palermo. Ad effettuarli sono stati i carabinieri. Ed è stata l’operazione antimafia “Opuntia”. Le indagini sono state coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Maurizio Scalia e dai sostituti Alessia Sinatra e Claudio Camilleri. L’inchiesta venne avviata nel maggio del 2014.

I fermati sono: Vito Bucceri, inteso “Bucittuni”, 44 anni, ritenuto il capo della locale famiglia mafiosa; Pellegrino Scirica, 61 anni, medico di base ed uomo di fiducia di Leo Sutera; Tommaso Gulotta, 51 anni; Matteo Mistretta, 31 anni; Vito Riggio, 47 anni; Giuseppe Alesi, 46 anni, e Cosimo Alesi di 51 anni. Tutti di Menfi. Sottoposto a fermo anche Domenico Friscia, 53 anni, di Sciacca.

L’operazione è frutto di una complessa e articolata attività investigativa sviluppata negli ultimi due anni dai carabinieri di Sciacca, sulle attività criminose del mandamento del Belice ed, in particolare, della famiglia mafiosa di Menfi e sui contatti intrattenuti con Leo Sutera detto “il professore”, ritenuto fra il 2010 e il 2012 il capo della provincia di Agrigento e con Pietro Campo, esponente della famiglia di Santa Margherita Belice.

Il livello dei personaggi interessati e le modalità di svolgimento degli incontri hanno fatto comprendere come le relazioni fossero funzionali – ricostruiscono i carabinieri – alla ricostruzione ed alla ricomposizione del segmento associativo che fa riferimento all’area geografica di Sciacca e Menfi già disarticolato con precedenti operazioni.

Le riunioni e gli incontri avevano luogo all’interno di autovetture, appartamenti di proprietà dei sodali ed in casolari di campagna ed erano caratterizzati da rigidi protocolli di sicurezza tesi ad eludere eventuali attività di controllo investigativo. In tale ambito, Bucceri, che viene ritenuto dai carabinieri e dalla Dda al vertice della famiglia di Menfi, si avvaleva di un collaudato e fedele numero di collaboratori in grado di costruirgli attorno un circuito relazionale che tentava di blindarlo evitando la penetrazione investigativa.

Scirica, medico di base, – prosegue la ricostruzione dei carabinieri – non esitava a mettere a disposizione il proprio studio professionale per lo svolgimento di incontri riservati tra i componenti del gruppo, così consentendo la veicolazione di messaggi e indicazioni tra i componenti del gruppo ed altri esponenti di famiglie mafiose dei territori limitrofi. Le indagini hanno pertanto permesso di ricostruire e di documentare attraverso le intercettazioni telefoniche come gli indagati avessero la consapevolezza di far parte di un segmento inquadrato nel più ampio contesto criminale di Cosa Nostra siciliana e si adoperassero per mantenerlo in vita.

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