Napoli. La storia è quella certezza che prende consistenza là dove le imperfezioni della memoria incontrano le inadeguatezze della documentazione (Julian Barnes, Il senso di una fine), oppure per dirla con Magritte: Ceci nest pas une pipe.
Cinque artisti da 5 nazioni per una carrellata sulla fotografia contemporanea che ha per minimo comun denominatore la riproduzione della realtà in chiave surrealista e metafisica.
Il surreale, il verso deformato della realtà, linvenzione di uno scenario inesistente o esistente sotto forme differenti, entrano in gioco per soggettivizzare un messaggio. Un neosurrealismo, una meta-fotografia in cui il concetto, lidea, diventano lunico supporto e il fine stesso dello scatto fotografico.
Si opera attraverso visual Hybrids cioè attraverso degli ibridi visivi che comportano trasformazione (C. Greig), distorsione e duplicazione della realtà (P. Soussan, M.Machu), per aderire ad una percezione nuova di una realtà diversa; una fotografia percettiva, che offre una nuova e inesplorata visione delle cose del mondo (P.Soberon) – spiega Cynthia Penna, curatrice della mostra.
Una riflessione sullo spazio e le sue modificazioni (N.Evangelisti), ma anche sulla modificazione dei tempi, o degli oggetti o della percezione degli stessi.
Tutto si permea di sottili ambiguità e trasmutazioni; la visione gioca sulla dicotomia tra identità e ricordo: ricerca di identificazione di una realtà oggettuale, conosciuta e perdita continua di questa identificazione; la perdita di riferimenti oggettivi induce uno stravolgimento della codificazione della percezione.
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