A Sant’Arpino nuovo appuntamento della rassegna letteraria “Sulle Orme del Cantor d’Enea”. Domenica prossima 30 ottobre, nel suggestivo scenario del seicentesco Palazzo Ducale “Sanchez de Luna”, si terrà un incontro con Enrica Romano che parlerà della sua ultima fatica editoriale “Zucchero Amaro”.
La rassegna, ideata e promossa dalla Pro Loco con il patrocinio del Comune di Sant’Arpino, è giunta alla VI edizione, e come da tradizione vede confluire nel centro atellano alcuni fra i più interessanti autori del panorama culturale nazionale e campano.
Domenica, dunque, è la volta di Enrica Romano che ha già scritto diversi libri, tra cui: “Donna e uomo: due modi di essere umano” (Kimerik Editore), “Ho roghi al cuore,” (Book Sprint Edizioni.
Il programma dell’evento, moderato dalla socia della Pro Loco Maria Cinquegrana, prevede i saluti istituzionali del presidente della Pro Loco Aldo Pezzella, del sindaco Giuseppe Dell’Aversana, della Consigliera di parità dell’area Vasta di Caserta Francesca Sapone.
Successivamente si confronteranno con l’autrice, la docente Matilde Dell‘Aversana, la psicoterapeuta Anna Lamo, e il Filosofo e Poeta Giuseppe Limone.
L’attrice Angela Caterina leggerà alcune poesie contenute nella silloge; mentre Gaia Simeone e Domenico Piscopo, eseguiranno per voce e piano alcuni brani musicali di Scarlatti e Pergolesi.
Il libro nuovo libro di Enrica Romano (pubblicato nell‘ottobre 2016 da Edizioni Sophia, casa editrice di Sant’Arpino, di cui l’autrice è codirettrice editoriale), è un testo che spazia nel mare che si cela dietro ognuno di noi, muovendosi sulle onde dei pensieri, di quella profonda ricerca dell’inatteso e dei lati più remoti che tendiamo a rendere esclusivamente nostri. Una sorta di tesoro custodito gelosamente, dove lo zucchero non ha sempre un sapore dolce e le parole non sono sempre ciò che realmente abbiamo dentro. Preziose le foto in prima e in quarta di copertina, come quelle interne, che affiancano le poesie, a cura dei figli di Enrica Romano.
Di “Zucchero Amaro” il filosofo Giuseppe Limone ha scritto: “Giocano nelle costruzioni di questo lavoro il desiderio dell’attimo, il gusto dell’ossimoro, la concentrazione su un’esplosione, la ricerca dell’inatteso. Ogni composizione micro-poematica sembra, perciò, obbedire a un triplice gesto: la ricerca di una parola pregiata, il suo inserimento in un contesto inatteso, il suo radicarsi in un’emozione improvvisa, spesso un dolore. Sembra, in questo modo, che l’autrice voglia confessare a se stessa e al lettore la nascosta funzione auto-terapeutica della poesia. Si tratta di una terapia molto fine, ad alta definizione formale, che cerca la salvezza dal dolore nell‘idea di una parola che se ne fa portavoce e sigillo. Ogni composizione ha, così, la sua parola preziosa, il suo atto di invenzione contestuale, il suo legame con un desiderio, la sua possibile origine in un grido”.