Nell’ambito dell’operazione “Aristeo” condotta dalle Fiamme Gialle casertane, coordinate e dirette dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, oltre 40 militari appartenenti alla compagnia della Guardia di Finanza di Marcianise hanno dato esecuzione a dieci provvedimenti cautelari nei confronti di amministratori e soci di tre noti caseifici operanti nelle province di Caserta e Napoli e dei titolari di un allevamento bovino e bufalino della provincia casertana.
Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza con l’ausilio dell’Azienda Sanitaria Locale, hanno infatti consentito di disvelare un vero e proprio sistema criminoso finalizzato all’adulterazione di prodotti lattiero-caseari e alla contraffazione della denominazione di origine delle mozzarelle di bufala campana attraverso l’uso nel ciclo produttivo di un additivo non autorizzato, nonché il mancato rispetto dei vigenti protocolli sanitari a tutela dei consumatori e delle indicazioni tecniche del disciplinare del consorzio di tutela del marchio Dop della mozzarella di bufala campana.
Dagli approfondimenti investigativi, è infatti emerso che i soggetti coinvolti: – commercializzavano mozzarella di bufala con marchio “Dop” contraffatto, in quanto prodotta con l’aggiunta di latte vaccino (peraltro spesso inacidito a causa del lungo tempo trascorso tra il momento della mungitura e la lavorazione finale); – adulteravano sistematicamente il latte usato per la produzione, con l’intento di mascherare il processo di invecchiamento ed acidificazione, aggiungendo alla materia prima dell’idrossido di sodio (ed. soda caustica) – prodotto potenzialmente dannoso per la salute pubblica; – ponevano dolosamente in commercio prodotti caseari realizzati con il latte così adulterato; – in talune occasioni avevano acquistato ed immesso nel processo di produzione dei latticini, anche latte proveniente da allevamenti non indenni da Tbc (tubercolosi) senza l’avvenuta adozione delle cautele imposte dal protocollo sanitario normativamente previsto.
In particolare, le condotte fraudolenti accertate possono ricondursi essenzialmente a tre fattispecie: 1) Adulterazione del latte crudo con additivo vietato (idrossido di sodio, ossia soda caustica). Per abbassare il livello di acidità del latte dovuto alle scarse condizioni igieniche e/o al tempo trascorso dalla mungitura alla lavorazione (latte vecchio) che comporta la fermentazione del latte con aumento della carica batterica e conseguente crollo del Ph.
E’ stato accertato che gli amministratori di fatto della Casearia Sorrentino srl di S.Maria La Carità (Napoli) nella primavera/estate del 2015 erano soliti adulterare il latte che compravano – tra gli altri dalla Brescialat spa di Brescia – con soda caustica per poi rivenderlo, così adulterato, al Caseificio Bellopede & Golino srl di Marcianise e al Caseificio San Maurizio di Frattaminore (Napoli), che, pur consapevoli dell’adulterazione, utilizzavano tale latte negli ordinari processi produttivi. In pratica, il latte più vecchio veniva così adulterato e poi miscelato con altro prima della rivendita.
Tale prassi, come attestato dal consulente tecnico, è assolutamente vietata dal Regolamento comunitario. In particolare l’idrossido di sodio fa parte degli additivi non autorizzati per essere utilizzati nel latte crudo e/o pastorizzato ai sensi dell’articolo 2 della Direttiva Comunitaria 95/2/CE. Infatti l’aggiunta di tale additivo quale agente neutralizzante porta ad aumentare la carica batterica già in essere e maschera la presenza di microrganismi patogeni, potenzialmente pericolosi per la salute umana, sebbene il Ph del latte, indicativo della carica batterica del prodotto, sia così fraudolentemente ricondotto a valori legali.
Peraltro, neanche un successivo trattamento termico, per quanto intenso, potrà poi azzerare del tutto la popolazione microbica, rimanendo quindi la pericolosità del prodotto anche dopo l’eventuale pastorizzazione. Il latte acido sottoposto alla pratica vietata della neutralizzazione è dunque un prodotto a rischio che non può essere commercializzato. Se poi, come nel caso in esame, viene utilizzata soda caustica per uso non alimentare, si aggiunge il rischio chimico della presenza di metalli pesanti.
2) Commercializzazione ed impiego nei processi di lavorazione della mozzarella di bufala dì latte bufalino crudo proveniente da allevamenti non indenni da tubercolosi bovina, senza la preventiva adozione delle procedure previste dal vigente protocollo sanitario, in violazione del regolamento Ce n. 583/20014 e dell’art.9 del DM 592/95. E’ stato accertato che nel mese di giugno 2015 (dal 12 al 21 del mese), gli allevatori di latte vaccino e bufalino di San Polito Sannitico (Caserta), titolari di altrettante ditte individuali, vendevano latte crudo proveniente dai loro allevamenti risultati non indenni da tubercolosi bovina.
Infatti, a seguito di controllo dell’Asl Caserta effettuato presso l’allevamento il 9 giugno 2015, il 12 giugno dello stesso mese veniva formalmente comunicata la positività alla Tbc di alcuni capi di bestiame. Ciò nonostante, dal 12 al 21 giugno, gli allevatori, tramite l’intermediario Antony Jean Ciervo, vendevano al caseificio Bellopede & Golino srl, con la piena consapevolezza di questi ultimi, il latte crudo senza alcuna delle precauzioni imposte dal protocollo sanitario che per legge doveva essere adottato a tutela della salute pubblica.
Nello specifico, il decreto ministeriale 592/95 prevede una serie di procedura da attivare in questi casi, tra le quali l’esclusione assoluta dal consumo umano del latte proveniente da animali positivi e l’obbligo di pastorizzazione del latte proveniente da animali negativi, appartenenti ad allevamenti positivi. Sono previste poi tutta una serie di misure di sicurezza da adottarsi all’interno degli allevamenti positivi, tra cui la raccolta del latte in contenitori separati, identificati con appositi contrassegni sotto il controllo e previa autorizzazione del Servizio Sanitario.
Nel caso in esame, si è invece persa ogni tracciabilità del latte contaminato e nessuna delle precauzioni imposte dalla legge è stata attuata, tanto che nei documenti di vendita nulla è scritto per identificare la provenienza del latte né è riportata alcuna avvertenza circa l’obbligo di pastorizzazione.
Dalle indagini tecniche è emerso poi, chiaramente, che tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni commerciali erano a conoscenza del fatto che l’allevamento non fosse più indenne da Tbc. E’ emerso che il caseificio Bellopede & Golino srl di Marcianise, socio storico del consorzio a tutela del marchio Dop della mozzarella di bufala campana ed uno dei maggiori produttori nazionali, produceva la mozzarella che vendeva con la certificazione di origine protetta utilizzando anche latte vaccino in violazione all’art.3 del disciplinare di produzione approvato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che prevede che la mozzarella di bufala campana certificata sia prodotta esclusivamente con latte di bufala intero fresco proveniente da allevamenti presenti sul territorio di riferimento.
Dai sopralluoghi effettuati e dall’analisi della documentazione amministrativo contabile è emersa la sistematica alterazione dei documenti di trasporto del latte utilizzato per la produzione, rendendo così incerta la tracciabilità del prodotto. Sono stati poi effettuati prelevamenti ed analisi di campioni di prodotto in vendita presso l’azienda stessa e nei punti vendita dei clienti del caseificio siti ad Avellino e Airola (Benevento).
Sulla base delle solide evidenze indiziarie, definite nell’ordinanza ora eseguita come un “quadro allarmante” caratterizzato da “spregiudicata e sistematica violazione delle normative di settore, poste a tutela della salute pubblica “, il gip del Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha disposto: gli arresti domiciliari nei confronti dei cinque amministratori dei caseifici coinvolti; la misura del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale per la durata di mesi sei nei confronti di quattro membri di una famiglia di allevatori e di un intermediario commerciale di latte bufalino, ritenuti a vario titolo co-responsabili dei reati di adulterazione di sostanze alimentari, commercio di sostanze adulterate, frode nell’esercizio del commercio, commercio di sostanze alimentari nocive, vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, vendita di prodotti agroalimentari con segni mendaci per la contraffazione della denominazione di origine.
Oltre ai provvedimenti personali, al fine di impedire ogni possibile reiterazione delle condotte fraudolente, è stato, altresì, eseguito il sequestro preventivo delle quote societarie e dell’intero patrimonio aziendale: del Caseificio Bellopede & Golino di Marcianise, storico produttore, distributore e commerciante di mozzarella di bufala campana, nonché socio del consorzio per la tutela del marchio Dop; del Caseificio San Maurizio (ora in fallimento) con di Frattaminore con e sede amministrativa a Orta di Atella (Caserta), anch’esso produttore lattiero-caseario; della Casearia Sorrentino di Santa Maria La Carità, fornitore di latte di tali caseifici, per un valore complessivo dei beni cautelati stimabile in oltre 10 milioni di euro.
Le aziende sequestrate sono state quindi consegnate per la loro futura gestione ad un amministratore giudiziario, che potrà continuare l’attività commerciale nel pieno rispetto della normativa di settore, tutelando nel contempo i numerosi lavoratori impiegati. A maggior garanzia dei consumatori, poi, le operazioni di consegna dei complessi aziendali sono state precedute da rigorosi controlli sugli impianti, sulle materie prime e sui prodotti giacenti operati da parte di ispettori qualificati dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e della locale Azienda Sanitaria.
IL PLAUSO DEL CONSORZIO – “L’operazione di oggi della Guardia di finanza di Caserta è la conferma della massima attenzione e vigilanza che c’è nel comparto della mozzarella di bufala campana Dop. Alla Procura, alle forze dell’ordine e all’Asl va il sentito ringraziamento del Consorzio di tutela. Comportamenti che mettono a rischio l’eccellenza di un prodotto unico al mondo sono assolutamente da condannare e non verranno tollerati. Il Consorzio di tutela è parte lesa in questa vicenda e difenderemo il buon nome degli associati e la reputazione del nostro prodotto in ogni sede utile, costituendoci anche parte civile nell’eventuale processo. Inoltre nella prossima riunione del consiglio di amministrazione sarà valutata la possibilità di espulsione del socio coinvolto, in base alle norme di trasparenza previste dal nostro Codice etico”. Così il presidente del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop, Domenico Raimondo.
Il direttore del Consorzio, Pier Maria Saccani, aggiunge: “Come sottolineato anche dagli inquirenti, i consumatori non hanno nulla da temere. Da circa due anni il sistema di tracciabilità del prodotto a marchio Dop è ancora più sicuro e capillare, offre garanzie complete e dal settembre 2016 è esteso a ogni capo. Con le norme attuali, cioè, possiamo risalire con precisione da una singola mozzarella fino alla bufala che ha fornito il latte. Questo schema di controlli vede coinvolti l’ispettorato centrale per la repressione frodi del ministero dell’Agricoltura, l’istituto zooprofilattico del Mezzogiorno e l’ente di certificazione del Consorzio Dqa, un lavoro di squadra a tutela della qualità della mozzarella di bufala campana. Si tratta del sistema di tracciabilità più avanzato in Europa, che pone il nostro comparto all’avanguardia a livello comunitario. Un risultato che è stato possibile raggiungere con l’impegno congiunto e la sinergia tra tutti questi enti, che ringraziamo ancora una volta. Il Consorzio di tutela ha messo e metterà in campo tutti gli strumenti a disposizione per tutelare l’unica mozzarella in commercio che può vantare il marchio Dop”.