Napoli, i “bambini dello spaccio” tolti ai genitori: la protesta di padre Giuseppe

di Redazione

Napoli – Non trattiene le lacrime padre Giuseppe Carmelo, sacerdote della chiesa di Santa Lucia di Napoli. Da 24 ore la sua mente non riesce a non pensare alla sorte dei sei ragazzini, allontanati dalle loro famiglie d’origine e condotti in case-famiglia dislocate nel Nord Italia.

Giovedì mattina i carabinieri hanno notificato un provvedimento di sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, nei confronti dei genitori di sei bambini, di età compresa tra 3 e 14 anni. Il provvedimento, emesso dal Tribunale, arriva dopo il blitz antidroga del 17 gennaio scorso che ha decapitato il clan Elia portando all’arresto di 43, tra capi e gregari, esponenti del sodalizio camorristico. Si tratta di due coppie di fratelli, un loro cugino e il figlio di un altro pregiudicato, utilizzati dai genitori nel confezionamento della droga, nella consegna delle dosi e nell’occultamento anche personale delle bustine di cocaina. Oltre a compiere attività di controllo nell’accesso ai vicoli di Santa Lucia per assicurare che lo spaccio non venisse interrotto dalle volanti della polizia o dai ‘guaglioni’ dei Ricci, il clan rivale dei confinanti Quartieri Spagnoli.

I sei bambini sono stati affidati a strutture lontane dalla Campania. Tra di loro c’è anche una bambina di otto anni, ripresa dalle telecamere nascoste degli inquirenti mentre confezionava le dosi, e l’adolescente di 12 anni che aveva il compito di consegnare la coca a domicilio, muovendosi in motorino per la città.

“Divieto assoluto di rapporti, perché c’è la necessità di recidere i deleteri legami ambientali che hanno già potenzialmente compromesso l’equilibrato sviluppo dei minori”, ha scritto il collegio dei magistrati minorili (presidente Giovanni Saporiti, giudice relatore Paola Vallario) per motivare il provvedimento di sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale. I ragazzi, aggiunge il relatore, sono vissuti “in un contesto familiare e ambientale del tutto privo di stimoli educativi e formativi, caratterizzato dall’abituale trasgressione delle regole morali e della comune convivenza”.

Padre Giuseppe Carmelo aveva proposto la collocazione dei bambini nella sua associazione ma così non è stato. Colpa dei servizi sociali o delle istituzioni? “Non sono venuti a vederli i servizi sociali, mentre studiavano con noi”, fa sapere il sacerdote, che sottolinea: “Si doveva intervenire insieme, improvvisamente siamo stati privati di questi ragazzi nonostante con loro stessimo facendo un lavoro eccezionale. Sembra che le Istituzioni non abbiamo fiducia in noi, che lavoriamo gratis. Invece lo Stato sembra preferisca far spendere 600 euro al giorno per tenere ora quei bambini nelle case-famiglia”.

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