Furti con “cavallo di ritorno”, 6 arresti a Catanzaro in operazione “The Jackal”

di Redazione

La Polizia di Catanzaro, con l’ausilio di equipaggi del Reparto Prevenzione crimine “Calabria centrale”, nell’ambito di un’operazione denominata “The Jackal”, ha eseguito sei misure cautelari per furto aggravato, porto e detenzione abusivi di armi, ricettazione, riciclaggio ed estorsione. Le attività investigative, coordinate dalla Procura, hanno consentito di accertare l’esistenza di un gruppo di persone che si è reso responsabile di una serie di delitti in materia dirami, di furti di ogni specie di beni, ed in particolare di autovetture, destinate ad essere oggetto e strumento di pretese estorsive attraverso il cosiddetto “cavallo di ritorno”.

In una circostanza alcuni destinatari di provvedimenti si introdussero in un’abitazione di Catanzaro, sottraendo numerose armi custodite in una cassaforte. Gli indagati, secondo l’accusa, avrebbero anche gestito un fiorente commercio dei beni rubati, che via via provvedevano a “piazzare” presso incauti o poco scrupolosi acquirenti.

In arresto Alessandro Bevilacqua, 32; Stefano Bevilacqua, 30; Elio Pirroncello, 25; Francesco Martino, 47; Antonio Passalacqua, 44; Annunziata Passalacqua, 51.

L’indagine è partita da un episodio che risale al dicembre del 2014, quando un gruppo di malviventi si era introdotto in un’abitazione a Catanzaro e aveva rubato 6 fucili, 3 pistole e 10 cartucce, in perfetto stato d’uso, detenuti legalmente e custoditi dal proprietario in una cassaforte. Il furto era stato commesso scassinando l’auto del proprietario delle armi mentre si trovava dal barbiere ed appropriandosi così di un mazzo di chiavi, tra le quali quelle della sua abitazione e quelle dell’armadietto blindato dove teneva le armi.

Da lì le indagini per risalire ai malviventi, sentendo persone informate sui fatti ed acquisendo i filmati di alcune telecamere che si trovavano nei pressi del luogo in cui si era consumato il furto. E’ stato così possibile ricostruire l’accaduto, sfruttando in particolare le immagini registrate delle telecamere installate da alcune attività commerciali presenti lungo il percorso seguito dai malfattori che hanno permesso di fornire un quadro chiaro e delineato sulle diverse fasi del furto delle armi e anche sulle responsabilità dei destinatari della misura cautelare. Accertata la responsabilità sul furto in questione gli investigatori della Squadra Mobile hanno effettuato altre indagini, dalle quali si è scoperto che il furto era stato messo a segno da un gruppo criminale avvezzo alla commissione di questo tipo di reati di ogni tipologia e munito illegalmente di armi da sparo.

I reati predatori commessi dagli indagati, sono stati realizzati valendosi di vari e diversi complici, impadronendosi di ogni tipo di merce con un valore commerciale che potesse garantire un immediato guadagno, spiccando tra i delitti i furti di armi (detenzione, trasporto e rivendita illegale o la detenzione con lo scopo di utilizzarle in altre attività delittuose) e di autovetture. Gli uni e gli altri sono stati messi a frutto tramite la successiva messa in commercio con la conseguente compravendita illegale delle armi e con la realizzazione, per le auto, della pretesa estorsiva verso i derubati, del pagamento del prezzo del riscatto, pena la mancata restituzione del bene sottratto.

L’abitudine degli indagati a circolare armati è poi stata dimostrata da ulteriori indagini che consentivano di registrare, attraverso intercettazioni di vario tipo, conversazioni dalle quali emerge chiaramente il possesso da parte di Alessandro Bevilacqua, di una pistola cal. 38 che l’uomo esibisce al fratello Stefano dicendogli “guarda che bella la 38.

In un’altra circostanza è stato chiaramente accertato che Alessandro Bevilacqua cedeva ad un terzo un’arma da sparo del cui cattivo funzionamento, peraltro, l’acquirente si lamentava, sostenendo che si era inceppata ed ottenendo la disponibilità del Bevilacqua a sostituire il pezzo difettoso. E’ emerso inoltre che gli indagati spesso costringevano i proprietari delle autovetture rubate a sborsare un “riscatto” per tornare in possesso del veicolo di cui erano stati spogliati, il cd “cavallo di ritorno”, e che gestivano un fiorente commercio di quanto rubato che via via provvedevano a “piazzare” presso incauti o poco scrupolosi acquirenti.

In effetti, in numerose conversazioni telefoniche intercettate si evince, dalla voce dell’indagato Elio Pirroncello, il suo coinvolgimento nelle operazioni di recupero di autovetture rubate dietro l’indebito pagamento di somme di denaro in media quantificabili in 500 euro circa. In buona sostanza, ci si è trovati di fronte di un vero e proprio sistema di vita con la quotidiana intercettazione di una pluralità di conversazioni tutte attinenti la programmazione e la esecuzione di reati o la messa a frutto dei proventi dei medesimi con l’aggravante del coinvolgimento in svariate occasioni delittuose di minorenni, divenuti abilissimi e scaltri complici, o addirittura di giovanissimi come nel caso di due bambini esortati e istruiti a rubare, presso un esercizio commerciale, beni di scarsissimo valore commerciale  con una serie di raccomandazioni operative quali quella di fare attenzione alle telecamere di videosorveglianza.

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