Marco Cappato è indagato per aiuto al suicidio in relazione alla morte di Dj Fabo e a seguito dell’autodenuncia presentata martedì ai carabinieri, in cui ha raccontato di aver accompagnato Fabiano Antoniani a morire in una clinica in Svizzera. Il reato di “istigazione o aiuto al suicidio” prevede fino a 12 anni di carcere. Intanto Cappato “denuncia” l’ennesimo rinvio per la legge sul biotestamento che ora approderà in aula alla Camera il 13 marzo.
“In 24 ore ci si è presi una settimana in più di ritardo. In queste condizione di mancanza di volontà politica, tutte queste scadenze sono scritte sulla sabbia”, ha commentato Cappato. A Cappato viene contestata la parte del reato in cui si stabilisce che deve essere punito chi “agevola in qualsiasi modo l’esecuzione” del suicidio. Gli inquirenti, dopo l’interrogatorio di Cappato, dovranno svolgere accertamenti e fare valutazioni anche complessi e delicati perché, da quanto è stato riferito, si tratta certamente di un caso che può fare giurisprudenza.
“Ci sono diversi profili che dovranno essere affrontati, compresa la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di diritti”, aveva chiarito ieri il procuratore Francesco Greco, spiegando anche che “per questo reato l’aiuto deve essere portato fino all’atto finale”. Si tratta, aveva aggiunto il capo della Procura milanese, di “una storia complessa che presenta profili di rilievo sia in termini di principi generali che giuridici, dato che qui c’è una questione di diritto alla vita e alla morte”.
“Ho aiutato Fabo ad ottenere la morte volontaria e senza sofferenza. Lui è dovuto andare in esilio. Il rinvio del Parlamento non fa ben sperare. Il Paase è pronto. La nostra lotta continua”, ha dichiarato Cappato per il quale lo slittamento del biotestamento al 16 marzo “dimostra scarsa volontà politica”. “Difenderò le mie ragioni” – “Sono pronto a difendere le mie ragioni”, ha poi aggiunto.