Finti incidenti per truffare assicurazioni: sei arresti nel Casertano

di Redazione

I carabinieri di Grazzanise hanno eseguito sei misure cautelari (quattro in carcere e due agli arresti domiciliari), emesse dal gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere su richiesta della Procura, nei confronti di altrettanti indagati per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa a danno di compagnie assicurative, al sequestro di persona, alle lesioni personali, alle estorsioni ed altro.

L’indagine ha consentito, tra l’altro, di accertare come l’organizzazione cagionasse, attraverso i cosiddetti “picchiatori” armati di bastoni, lesioni ai soggetti coinvolti nei finti incedenti per condurli al pronto soccorso al fine di ottenere la necessaria certificazione medica da allegare alla richiesta di indennizzo.

L’attività d’indagine, condotta dal dicembre del 2015 al settembre del 2016, si è sviluppata mediante attività tecniche di intercettazioni telefoniche ed ambientali, nonché attraverso servizi di osservazione e riscontro, che hanno consentito di edificare un solido compendio indiziario a carico degli indagati.

In particolare, è stata accertata l’operatività, nella provincia di Caserta, di un’organizzata compagine associativa delittuosa, finalizzata alla commissione di truffe assicurative, realizzate mediante condotte di mutilazione fraudolenta e di denuncia di falsi sinistri: in particolare, i partecipi dell’associazione delittuosa provocano artatamente ed intenzionalmente lesioni personali fisiche a diversi soggetti, consenzienti e retribuiti con esigue somme di denaro, per lo più giovani tra i 18 ed i 25 anni, anche affetti da ritardi psico-fisici e da disabilità di vario genere – lesioni cagionate con grande violenza ed efferatezza anche utilizzando bastoni e mazze di legno o di ferro – li conducono presso i vicini nosocomi, ove li inducono a far attestare nei certificati medici redatti dal personale sanitario in servizio presso il Pronto Soccorso che le lesioni derivassero da sinistro stradale; tali certificati, per il tramite di C.B., vertice dell’associazione, vengono consegnati ad alcuni legali (allo stato rimasti estranei rispetto al presente procedimento, in quanto difettano gli elementi in ordine alla loro consapevolezza della falsità dei sinistri oggetto di denunce o di atti di citazione), i quali curano le pratiche risarcitorie, trasmettendo la denuncia di sinistro e la richiesta di risarcimento alla compagnia assicurativa competente, così da conseguire le somme erogate a titolo risarcitorio per sinistri mai avvenuti, da ripartire tra gli associati.

Tale suddivisione dell’illecito profitto è stata impedita per la tempestiva segnalazione alle competenti compagnie assicurative da parte dei militari dell’Arma, in accordo con quest’Ufficio di Procura, circa la falsità dei sinistri denunciati presso le stesse. Molte compagnie assicurative coinvolte hanno, infatti, sporto querela per tali fatti.

E’ stato accertato che le vittime dei falsi sinistri erano il più delle volte consenzienti a farsi procurare, in cambio di esigue somme di denaro, le lesioni personali. Talvolta, invece, è apparso evidente che la volontà di tali soggetti era stata violentemente coartata: sono state, infatti, documentate le gravi lesioni prodotte ai danni di un portatore di handicap che, incapace di autodeterminarsi, è stato sequestrato dal “branco”, minacciato e, poi, più volte malmenato al fine di produrre richieste di risarcimento per suo conto.

Il gruppo associativo operava tramite varie figure. C.B., a capo della consorteria criminale, si occupava di emanare ordini e direttive in posizione di superiorità o supremazia gerarchica gestendo gran parte degli episodi di procurate lesioni da cui scaturivano le richieste di risarcimento. In un episodio, è emerso che il C.B. impartiva a un altro indagato direttive su come colpire ragazzo, che già riportava una lesione ad un dente, per assicurarsi il maggior grado di credibilità nella versione dei fatti da porre a fondamento della richiesta di risarcimento dei danni da falso sinistro stradale. Lo stesso C.B. decideva la quota parte del compenso da attribuire ai sodali per le singole truffe, gestiva i tempi ed i modi di ogni operazione truffaldina costituendo, per i sodali, punto di riferimento cui rivolgersi per la consegna dei referti e per ottenere il compenso loro spettante.

Due indagati rivestivano il ruolo di organizzatori delle attività delittuose, reperivano i soggetti (lesi o da ledere) ed i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, venendo, per questo, compensati da C.B.. I due, oltre che partecipare materialmente alle lesioni, fungevano da anello di raccordo e collegamento con il passaggio successivo di istruzione della pratica risarcitoria, in cui opera quale ‘dominus’ C.B..

Alcuni svolgevano il ruolo di “picchiatori”: avevano cioè il precipuo compito di procurare, anche con l’utilizzo di bastoni e mazze di legno o di ferro, lesioni alle parti -in genere giovani tra i 18 ed i 25 anni-, e condurle, poi, presso un pronto soccorso al fine di certificarne la diagnosi e la prognosi da porre a fondamento delle istanze di risarcimento. Sul loro conto è emersa chiaramente la loro incondizionata disponibilità ad operare anche in modi brutali e violenti, per l’attuazione del programma criminale del sodalizio.

I soggetti colpiti dai provvedimenti cautelari agivano con modalità particolarmente spregiudicate e violente, come è evincibile non solo dalle conversazioni telefoniche, ma anche dall’entità delle lesioni che si ricavano dai referti medici. Sono stati documentati cinque fittizi sinistri stradali.

Nel corso delle attività di indagine è emerso, inoltre, che alcuni degli indagati sono dediti al compimento di qualsiasi attività criminale, in proprio o per conto di altri, al solo fine di trarre profitto, dalla cessione di sostanze stupefacenti alla commissione di furti nelle scuole con contestuale rivendita dei beni di provenienza furtiva.

In particolare, sono stati, inoltre, accertati quattro episodi di furto, tre dei quali ai danni di una struttura scolastica del comune di Capua, nonché nove episodi di spaccio di sostanze stupefacenti del tipo hashish e cocaina. Tali episodi criminosi, però, non rientrano nel progetto criminoso dell’associazione, essendo piuttosto riconducibili ad attività poste in essere da due coindagati, dediti a qualsiasi tipo di attività criminale, purché redditizia.

Un indagato, dopo aver forzato in tre circostanze le porte di ingresso dell’istituto scolastico “Federico II” di Capua, si impossessava di materiale informatico per un valore complessivo quantificato in oltre 8mila euro.

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