Quando gli statunitensi hanno scelto Trump come nuovo presidente si pensa che si aspettassero esattamente il comportamento che sta assumendo in politica estera. Tipico rappresentante dell’“azione” americana, repentina e audace come nei film hollywoodiani, Trump si è fatto conoscere presto dai suoi “nemici”. Dopo il raid aereo per vendicare le morti delle stragi chimiche in Siria, gli Stati Uniti hanno sganciato, per la prima volta, la più potente bomba non nucleare. L’obiettivo era un sistema di tunnel dell’Isis in Afghanistan.
I media internazionali riportano testimonianze di afgani che parlano di una cosa “mai vista” prima d’ora, una fiammata accecante seguita da qualcosa di molto simile a un terremoto.
A Washington il presidente esprime tutta la sua soddisfazione con i giornalisti: “Un’altra missione di successo, sono molto orgoglioso dei nostri militari”. Anche per la superbomba, aggiunge il presidente, i militari hanno la sua “totale autorizzazione”. Alla domanda se la bomba, oltre a colpire l’Isis, rappresenti anche un avvertimento alla Corea del Nord se Pyongyang prosegue la sua corsa ad armarsi col nucleare, Trump risponde che “non fa differenza. La Corea del Nord è un problema di cui ci occuperemo”.
La bomba, secondo il portavoce del Pentagono Adam Stump, una Gbu-43 massive ordnance air blast bomb (Moab), contenente 11 tonnellate di esplosivo, è stata lanciata alle 19 ora locale, per colpire i tunnel dell’Isis e i miliziani nel distretto di Achin, provincia di Nangarhar, molto vicino al confine con il Pakistan. Si tratta di un’area montagnosa e scarsamente popolata, dove l’Isis cerca di allestire da tempo una sua roccaforte. Nella stessa provincia, lo scorso weekend un soldato delle forze speciali americane, il sergente Mark R. De Alencar, 37 anni, è rimasto ucciso durante un’operazione contro i jihadisti. Secondo un funzionario locale citato dalla Bbc, l’esplosione è stata così potente da essere udita anche in due distretti confinanti con quello di Achin e ha provocato la morte di molti militanti dello Stato Islamico, fra cui il fratello di un importante leader del gruppo terrorista.
Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, ha confermato, in apertura del briefing quotidiano: nell’azione “sono state prese tutte le precauzioni per evitare vittime civili e danni collaterali”. Il Comando centrale americano ha quindi diffuso una nota su Twitter ribadendo l’uso della bomba Gbu-43 nel bombardamento aereo di un complesso di tunnel dello Stato Islamico in Afghanistan, spiegando che l’azione rientra nelle “misure in corso per sconfiggere l’Isis in Afghanistan nel 2017”, sedicesimo anno della guerra condotta da Washington nel Paese. Il tweet del Comando centrale è stato retwittato dall’account presidenziale di Trump.
Anche la nota spiega che “il raid è stato organizzato in modo da ridurre al minimo il rischio per le forze afgane e americane e per massimizzare l’eliminazione dei combattenti dell’Isis e delle loro strutture”, sottolineando che “sono state prese precauzioni per evitare vittime civili”. Nella nota, il generale John Nicholson, comandante delle forze americane in Afghanistan che, secondo Cnn, ha firmato l’autorizzazione per l’uso dell’ordigno, definisce “questo genere di armamento ideale per ridurre questo genere di ostacoli – tunnel e bunker – e mantenere lo slancio nella nostra offensiva contro l’Isis”. Gli Usa ritengono che in Afghanistan siano attivi tra i 600 e gli 800 combattenti dello Stato Islamico, concentrati soprattutto nella provincia di Nangarhar.