La carcerazione preventiva legata alla libertà della persona e al diritto inviolabile che viene compresso al momento delle emissioni delle ordinanze di custodia cautelare in carcere (o domiciliare): strumento che ha avuto percentuali altissime di applicazione.
Questo l’argomento di cui si è discusso nella sala convegni del Tribunale di Napoli Nord, ad Aversa, nel corso del convegno dal titolo “Carcerazione preventiva: un male necessario?” proprio in un momento in cui imperversa sui media il caso della morte dignitosa per Riina e quello del terzo terrorista attentatore di Londra, l’italo-marocchino bolognese al quale il Riesame restituì un pc e uno smartphone non ravvisando sussistenza di reato dopo un controllo all’aeroporto o, per un esempio più vicino a noi, l’arresto (e la successiva scarcerazione) del sindaco De Cristofaro nell’ambito dell’inchiesta The Queen.
In discussione soprattutto il tempo di durata dei processi e la sempre più pressante richiesta di separazione delle carriere dei magistrati. Un convegno organizzato dall’associazione aversana “Palaestra Normanna”, fondata e presieduta dall’ex senatore, già magistrato e sottosegretario alla Giustizia Pasquale Giuliano, cui hanno partecipato esperti del settore.
Tra questi, il presidente del Tribunale di Napoli Nord, Elisabetta Garzo, la quale ha spiegato che “nel 2015 il legislatore ha regolamentato l’applicazione della custodia cautelare, ma andrebbe rivista la tempistica tra l’attività di indagine e i successivi tempi di esecuzione”.
Il procuratore capo del Tribunale di Napoli Nord, Francesco Greco: “È oramai una materia molto mediatica che porta anche a un disorientamento nell’opinione pubblica, ma per molti reati ho notato una contrazione dei numeri. Per quanto mi riguarda la misura cautelare dovrebbe essere emessa da un organo collegiale”.
Il professor Mariano Menna, ordinario di procedura penale della Università della Campania, Vanvitelli ha immaginato, invece, “un organo investigativo alla pari dell’accusa per eliminare il gap tra l’accertamento in sede cautelare e quella successiva e l’eccessiva discrezionalità, ipotizzando anche un Giurì di alto spessore legittimato politicamente”.
Per il procuratore aggiunto di Napoli, Giuseppe Borrelli, coordinatore della Dda, “ci sono tanti paletti prima di arrivare alla custodia cautelare, con limiti che ritengo ristretti al massimo. Ma poi la norma va applicata e non elusa, altrimenti il giudice della legittimità demolisce tutto. Oggi si va in carcere per reati gravi. Non si può prescindere da un processo penale che abbia un consenso sociale, ma la cultura della limitazione custodia cautelare si può avere solo quando il processo si potrà celebrare in maniera rapida”. Ma si è pronti – si è domandato Borrelli – a discutere su una revisione della presunzione di innocenza o a certe garanzie con forme rigide, come nel sistema americano, come l’appello circoscritto in termini ristrettissimi?
Per il presidente della Camera Penale, Paolo Trofino, l’avvocatura, con le sue battaglie negli anni ha fatto ridurre molto le percentuali degli arresti dal 2008 al 2015 ma la soluzione, alla radice, sarebbe la separazione delle carriere in magistratura (56mila firme raccolte fino a oggi) lamentando. Tema, quello della separazione delle carriere, sul quale si è trovato d’accordo lo stesso Giuliano che ha sottolineato anche una deriva del contegno professionale (i magistrati una volta parlavano solo per sentenze, ordinanze e decreti). Resta in ogni caso fondamentale il principio della ragionevole durata del processo.
IN ALTO IL VIDEO CON L’INTERVENTO DI GIULIANO e BORRELLI