La Guardia di Finanza di Bologna, Roma e Napoli, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea, nell’ambito di un’operazione contro i clan camorristici dei Di Lauro e degli Scissionisti della periferia di Napoli, e dei Mallardo, Verde, Puca, Aversano, Perfetto, operanti nell’area a nord del capoluogo, ha eseguito 16 ordinanze di custodia cautelare in tutta Italia, sequestrato beni per 700 milioni di euro e perquisito le abitazioni di 57 indagati, a vario titolo, per associazione camorristica.
L’accusa è di truffa alle assicurazioni aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, violenza privata, riciclaggio e usura. Il gruppo operava in diverse regioni italiane ma aveva base prevalentemente in Campania. Sequestrati anche 700mila euro di beni.
Le misure cautelari hanno colpito gruppi dell’organizzazione operativi in Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo, Lazio, Abruzzo, Sardegna, Lombardia. Ma il vertice era in Campania, in particolare nell’area del giuglianese. I clan operavano in diversi settori illeciti, primi fra tutti quello degli investimenti immobiliari e delle truffe alle assicurazioni (finti incendi, incidenti e allagamenti). Sequestrati, infatti, 1177 immobili, 62 società commerciali e 211 veicoli.
Tra le 12 persone finite in carcere (le altre quattro sono state assegnate ai domiciliari), c’è anche il direttore di una banca bolognese che, secondo gli inquirenti, era “in costante e sinergico rapporto con il gruppo camorristico e da esso aveva tratto vantaggi personali” come “contropartita alle agevolazioni prestate”. L’iniziativa giudiziaria rappresenta lo sviluppo di indagini svolte negli anni precedenti e che avevano portato al sequestro di un’imponente lottizzazione abusiva a Melito ed al sequestro di ingenti provviste economiche. Infatti, durante controlli antiabusivismo edilizio, la Guardia di Finanza di Giugliano in Campania appurava che il complesso edilizio denominato “Parco Primavera” di Melito era stato edificato in maniera abusiva e che gli organi deputati ai controlli edilizi ed al rilascio dei permessi a costruire avevano chiaramente concorso a tale edificazione abusiva.
Veniva disposto il sequestro preventivo del Parco Primavera (attualmente per tali vicende è in corso il dibattimento) e venivano effettuate perquisizioni ed acquisite informazioni di carattere finanziario e bancario nei confronti degli imprenditori coinvolti nella speculazione edilizia, dalle quali emergeva che ciascuno di essi era in possesso di enormi disponibilità bancarie e finanziarie del tutto incompatibili con i redditi rispettivamente dichiarati. Veniva, quindi, sviluppato un secondo filone investigativo – culminato con l’operazione odierna e curato dal Gico della Guardia di Finanza di Bologna poiché emergeva che gli imprenditori avevano consistenti interessi in Emilia Romagna – in cui venivano effettuati ulteriori accertamenti bancari e patrimoniali ed attivate intercettazioni a carico dei soggetti coinvolti nella speculazione immobiliare.
Questi approfondimenti investigativi consentivano di disvelare un vero e proprio vaso di Pandora criminale. Infatti, le verifiche bancarie permettevano di ricostruire un vero e proprio impero patrimoniale che gli indagati gestivano in maniera assolutamente promiscua: non vi era alcuna distinzione di ruoli, di budget, di bilanci, né di società o di conti correnti, in quanto l’unico scopo degli indagati era quello di creare una formale giustificazione per effettuare il reimpiego sistematico di enormi somme di denaro di provenienza illecita. Al contempo, dalle indagini tecniche emergeva che le provviste di denaro erano in realtà provenienti dai vertici di vari clan camorristici operanti nel territorio campano: clan Mallardo, clan degli Scissionisti, clan Puca, clan Aversano, clan Verde, clan Perfetto, clan Di Lauro.
Emergeva, inoltre, l’operatività di una vera e propria organizzazione criminale attiva nel settore delle truffe alle assicurazioni e volta alla realizzazione di pratiche di falsi incidenti automobilistici, finti incendi e finti allagamenti, i cui proventi finivano parzialmente nelle casse dei clan camorristici e molto frequentemente venivano riciclati in attività societarie e di cui faceva parte anche uno degli imprenditori del Parco Primavera.
Dalle indagini bancarie emergeva anche che gli indagati usavano spostare sistematicamente considerevoli somme di denaro tra diversi conti correnti per poi convogliarle nelle società, quasi sempre a titolo di finanziamento conto soci, prassi, quest’ultima, che integra, di per sé, gli estremi del delitto di riciclaggio. Inoltre gli approfondimenti bancari hanno consentito di scoprire che, molto spesso, le provviste utilizzate per finanziamento conto soci provenivano da soggetti che non erano soci delle società finanziate.
Ciò forniva tangibile riscontro alla ricostruzione investigativa del carattere fittizio delle complessive operazioni, che servivano esclusivamente agli indagati per attribuire una parvenza lecita all’approvvigionamento di capitali di provenienza illecita. Venivano poi sentiti diversi collaboratori di giustizia sulla partecipazione degli indagati alle organizzazioni camorristiche e sulla realizzazione dei diversi reati fine e le loro dichiarazioni hanno fornito pieno riscontro alle indagini già impostate.