Aversa – Abbiamo fatto visita alla casa di reclusione “Filippo Saporito” di Aversa, ex Opg – Ospedale psichiatrico giudiziario, incontrando la direttrice Elisabetta Palmieri, alla quale abbiamo rivolto alcune domande sull’impegno della struttura riguardo al recupero dei detenuti.
Direttrice, la prima domanda che Le voglio fare è in merito alla coltivazione del terreno presente all’interno del carcere. Di cosa tratta? Si tratta di un progetto partito tra febbraio e marzo di quest’anno, grazie a un finanziamento del nostro Dipartimento di circa 72mila euro. Questo ci ha dato la possibilità di recuperare un vasta area verde, circa 11 mila metri quadrati all’interno della struttura. Terreno che è stato completamente bonificato; prima, infatti, era una giungla! Con l’arrivo dei detenuti, abbiamo potuto mettere in atto finalmente questo progetto.
I detenuti cosa fanno nello specifico su questo terreno? Ora che è stato pulito e bonificato del tutto, i detenuti si occupano soprattutto della semina e della coltivazione, per arrivare alla fase conclusiva che è quella del raccolto. Abbiamo anche piantato semi, piantine, alberi da frutto. Per ora siamo riusciti ad arrivare alla coltivazione di vari tipi di ortaggi, quali melanzane, pomodori, peperoni, insalata, zucchine. Posso dire con ottimi risultati.
I detenuti, che svolgono questa attività sono remunerati? Sono pagati per lavorare cinque ore al giorno, al momento sono una decina i detenuti impegnati nel progetto. Loro scendono tutti i giorni, dal lunedì al sabato, seguiti dagli agenti di Polizia penitenziaria che hanno il compito di controllare con discrezione e professionalità il lavoro dei detenuti. Per questo li voglio ringraziare, sono veramente encomiabili e impagabili.
Possiamo senz’altro affermare che questo progetto si pone, in primis, l’obiettivo del reintegro dei detenuti nella società? Sì, ha un senso assolutamente ‘trattamentale’, quindi di rieducazione dei detenuti. L’elemento fondamentale del trattamento è proprio il lavoro. Sono impegnati, vengono pagati, hanno la possibilità di stare fuori dalla sezione per diverse ore al giorno, e quindi non stare in situazioni di ‘cattività’. Hanno anche la possibilità di imparare un mestiere, che poi possono spendere una volta rimessi in libertà.
Questa è la partenza, altri obiettivi che vi ponete con questo progetto? Il progetto ha una finalità di produzione. I detenuti coltivano, producono, e poi i detenuti stessi, o il personale, potranno acquistare questi prodotti. Poi è chiaro che noi cercheremo di estenderci anche all’esterno, nel momento in cui diventerà un ‘progetto agricolo’ a tutti gli effetti.
Ora avete donato alla Caritas Diocesana di Aversa i primi raccolti? Sì, abbiamo dato in beneficenza la prima raccolta di pomodori. Per me, ma soprattutto per i detenuti, è una bella soddisfazione. Difatti, proprio stamani Padre Guido Travaglini della Caritas di Aversa ha ritirato i nostri bellissimi pomodori.
Dottoressa, ormai sono cinque anni che vive questa realtà: un bilancio lo può fare? Sì, l’ho traghettata, ho visto la trasformazione da Opg a casa di reclusione, adesso ci stiamo strutturando perché consapevoli di una crescita lenta ma costante. L’intento è di realizzare una custodia assolutamente ‘aperta’. Mi auguro, con detenuti selezionati, e che meritano questo tipo di regime, un regime più aperto appunto, più rieducativo e più risocializzante.
Attualmente quanti detenuti ospitate? Circa 170, però tra poco arriveremo a 200. Un bel numero, che si può estendere fino a 300-350 detenuti come capienza tollerabile.
Un impegno importante, e siamo sicuri che, grazie alla passione, e soprattutto alla sua professionalità, e con il supporto degli agenti della Polizia penitenziaria, e di tutti coloro che collaborano con lei, la direttrice Palmieri possa davvero riuscire a far sì che questi detenuti possano avere un futuro migliore fuori dal carcere. Questo progetto è un aprirsi alla città, al territorio. E la città dovrebbe fare altrettanto. Nuove iniziative saranno volte proprio al raggiungimento di questi obiettivi.
Ringraziamo la direttrice Palmieri per il suo impegno e per l’amore che mette nel suo lavoro che riteniamo sia, senza alcun dubbio, davvero difficile e con non poche responsabilità. “A tutti va data una seconda possibilità”: questo è il messaggio che ci arriva dal carcere “Saporito” di Aversa.
di Donato Liotto