Cineclub: “Il Giardino dei Limoni”

di Redazione

IL GIARDINO DI LIMONI CASAGIOVE. Il Cineclub “Vittoria”, da martedì 20 a giovedì 22 (ore 16-18.30-21.15)propone lo sguardo del cinema sul conflitto mediorientale e la ricerca del dialogo col bellissimo film del regista israeliano Eran Riklis, splendidamente interpretato dall’attrice palestinese Hiam Abbas.

ILGIARDINO DI LIMONI

Salma è palestinese, vive da sola in Cisgiordania nella casa di sempre, ha un figlioin America eun marito in Paradiso. La sua unica preoccupazione è la cura del giardino di limoni che ha ereditato dalla famiglia, delizia per il sostentamento ma croce per il nuovo vicino di casa, il ministro Navon, che vede negli alberi di Salma, un ottimo nascondiglio per progettare attacchi terroristici. Gli alberi vanno abbattuti ma Salma non vuole rinunciare ai suoi limoni e, con l’aiuto del giovane avvocato Ziad e il sostegno a distanza di Mira, la moglie del ministro, inizierà una battaglia legale senza fine. Dopo aver affrontato il dramma del conflitto tra Israele e Siria nel precedente La sposa siriana, Riklis ritorna sullo stesso tema ma cambia il punto di vista. Se prima era il matrimonio, simbolo di unione pacifica per eccellenza, a portare con sé le conseguenze tragiche di una guerra in corso, ora sceglie una discordia tra vicini di casa. E quando si vive in Cisgiordana, a due passi dal confine israeliano, non è mai solo una bega condominiale. Qui lo sguardo delle due donne antagoniste, una israeliana e l’altra palestinese, sorregge il peso della Storia: Salma è una donna umile, legata radicalmente al fluire della natura, che la rincuora dandole il frutto della sua pazienza e del suo amore e Mira ha abitudini occidentali, è molto curata e, come spesso accade alle mogli dei politici, si occupa di organizzare lussuose feste di ricevimento. I limoni di Salma fanno parte della sua persona, vivono nel ricordo dei genitori e del marito defunto. Nella lettera del ministro, inviata per “suggerirle” di sradicare gli alberi, è racchiusa la diversità tra i due contendenti: l’avviso è scritto in ebraico e Salma non sa leggerlo. I caratteri grafici di una lingua che la donna non parla e non sa decifrare, sono metafora di una mentalità molto diversa dalla sua. Quelle lettere che lei non sa comprendere sono il codice da interpretare per confrontarsi con l’Altro, con il persecutore; per arrivare a un compromesso pur sapendo benissimo che, per onorare se stessa e le sue origini, non dovrà cedere ad alcun tipo di risarcimento. Se il giardino di limoni non esistesse più, scomparirebbe anche lei. Oltre il recinto che separa Salma, territorialmente e umanamente, dalla villa di Navon, Mira, da un punto privilegiato d’osservazione, la guarda e ne scruta i movimenti. Entrambe soffrono, tutte e due si scoprono più simili di quello che l’apparenza sembrerebbe dettare. A farle sentire vicine è un sorriso, una complicità che non ha ancora nome, una mesta solidarietà che, se trovasse lo spazio per esprimersi, o avesse forza sufficiente, umilierebbe facilmente la stoltezza della politica. Una lezione umana che il film sottolinea in ogni passaggio narrativo, con lunghi primi piani sugli sguardi delle due donne, andando a creare un filo invisibile che unisce i destini di entrambe.

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