Busto Arsizio (Varese) – Decine di finanzieri del Gruppo di Busto Arsizio hanno dato esecuzione a 15 ordinanze di custodia cautelare (4 in carcere e 11 ai domiciliari), nonché al sequestro di beni per un valore di 725mila euro nei confronti di soggetti di etnia rom, per i reati di associazione a delinquere “transnazionale finalizzata al furto aggravato”.
Nell’ambito della strategia operativa volta al contrasto alla criminalità organizzata e comune, a tutela della sicurezza pubblica, i militari, a seguito di una complessa attività di polizia giudiziaria, intrapresa nel 2015, hanno individuato alcuni soggetti di etnia rom, territorializzati nei comuni di Busto Arsizio, Castellanza e Lonate Pozzolo, che evidenziavano gravi indizi di reato contro il patrimonio. Infatti, a seguito di mirati accertamenti operati con l’ausilio delle banche dati in uso alle Fiamme Gialle, si riscontrava una notevole sproporzione tra il tenore di vita sostenuto e le dichiarazioni dei redditi presentate, spesso pari a zero. Inoltre, a seguito di mirato controllo del territorio, si riscontrava una notevole capacità contributiva in capo a tali soggetti, che ostentavano lussuose autovetture di grossa cilindrata, utilizzavano banconote di grosso taglio e soprattutto soggiornavano in ville prestigiose.
Dal monitoraggio di tali soggetti, tutti gravati da numerosi specifici precedenti di polizia, nonché dai primi accertamenti esperiti dai finanzieri, emergeva un quadro fortemente indiziario in ordine a reati contro il patrimonio per il quale veniva attivata la locale Procura di Busto Arsizio. Il pubblico ministero delegava una serie di indagini tecniche e mirati accertamenti alle Fiamme Gialle bustocche. Al termine delle investigazioni veniva individuata un’associazione a delinquere “transnazionale” finalizzata al furto aggravato.
In particolare, il sodalizio criminoso era dedito alla consumazione di reati contro il patrimonio (furto), collegati ad operazioni fraudolente di cambio valuta, realizzati in più Stati attraverso la consegna, agli ignari clienti/vittime – di nazionalità straniera – di banconote contraffatte (recanti la dicitura fac-simile) a fronte della sottrazione fraudolenta del danaro genuino. I reati ascritti, infatti, sono collegati sostanzialmente ad un’attività di “cambio valuta fraudolenta”, ossia un sistema informale di trasferimento di valori cosiddetto “Hawala” (in arabo “trasferimento”), basato su una rete di mediatori, tramite i quali i capitali vengono esportati, da uno Stato all’altro, garantendo in tal modo l’anonimato delle parti, e sottraendo la transazione finanziaria effettuata a qualsiasi tracciabilità.
Tale circuito prevedeva, in concreto la partecipazione di 4 soggetti: l’ordinante, ovvero colui il quale intende trasferire i capitali da uno stato all’altro, il beneficiario cioè il destinatario finale degli stessi, due intermediari (gli hawaladar), i quali ricevono una commissione per ogni transazione conclusa.
In tal modo i sodali – offrendo alle vittime, solitamente straniere, ed interessate ad operazioni attive di trasferimento internazionale di fondi, euro in cambio di moneta estera, ad un tasso di conversione favorevole – sottraevano alle stesse, con modalità recettive, cospicue somme di denaro.
Per carpire la fiducia dei “clienti”, e perpetrare le proprie frodi, i sodali erano soliti riceverli in sale meeting all’interno di alberghi di lusso, utilizzando arredamenti con doppio fondo e banconote false, ove inizialmente mostravano banconote autentiche, per importi esorbitanti, per poi sostituirle, al momento della consegna effettiva al cliente, con quelle false. Durante alcuni servizi di osservazione svolti dai finanzieri, gli indagati sono stati notati indossare lussuosi vestiti, travestendosi finanche da sceicchi, utilizzando spesso immobili lussuosi, presi in affitto, e dagli stessi definiti “castelli” per evidenziarne la sontuosità.
Significativa, per l’inquadramento della fattispecie delittuosa del furto, la modalità attraverso la quale – successivamente al cambio valuta, effettuato prevalentemente con banconote false – salutavano il cliente e dopo pochi metri si davano alla fuga confidando nel fatto che quest’ultimo si sarebbe accorto della sottrazione quando ormai il denaro “buono” era al sicuro.
Pertanto, alla luce del quadro investigativo emerso, a conclusione di circa un anno di indagini, il Pubblico Ministero richiedeva al gip l’emissione di 15 custodie cautelari di cui 4 in carcere ed 11 ai domiciliari che venivano disposte ed eseguite oggi.
Complessivamente 26 risultano le persone indagate. Il giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo di beni, nella disponibilità del sodalizio criminale per complessivi 725mila euro.
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