Disarticolata un’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti speciali non pericolosi, sequestrate in via preventiva sedi operative, impianti, strutture e aree destinate allo stoccaggio di rifiuti tra il Veneto e la Puglia, eseguite tre ordinanze cautelari interdittive dell’esercizio dell’attività per un anno nei confronti di altrettanti imprenditori. E’ questo il bilancio dell’operazione “Fake Code” della Guardia di Finanza di Treviso.
La complessa attività investigativa è stata condotta per quasi due anni dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Treviso, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Venezia (reati di competenza distrettuale), ed ha consentito di accertare ipotesi di rilevanza penale, per attività illecite connesse alla gestione di rifiuti costituiti da materiale plastico di varia derivazione, nei confronti di 25 persone fisiche e 28 persone giuridiche ritenute responsabili, a vario titolo, di fattispecie di reato previste e punite dal Testo Unico dell’Ambiente, dal codice penale, dalla normativa penal-tributaria e in materia di responsabilità amministrativa degli enti.
Le indagini si sono sviluppate attraverso un minuzioso esame della documentazione contabile, dei registri e dei formulari identificativi dei rifiuti sequestrati nel corso delle perquisizioni, e con intercettazioni telefoniche e telematiche, dalle quali, in particolare, è emersa l’illecita movimentazione, anche con proiezioni transnazionali, di oltre 16mila tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi. Dominus del disegno criminoso è risultata una società trevigiana, vero centro decisionale, che si è avvalsa di numerosi soggetti dislocati in altre province italiane ed in Europa ed ha utilizzato siti non autorizzati per il deposito ed il recupero dei rifiuti in Veneto ed in Puglia.
Gli approfondimenti investigativi hanno portato ad acclarare che la società capofila, per porre in essere le illecite condotte ambientali, si serviva di tre società estere (due slovene ed una svizzera), ubicate solo formalmente oltre i confini nazionali ma, di fatto, gestite in Italia, che si prestavano alla predisposizione di documentazione finalizzata a “coprire” le movimentazioni contrarie alla legge. In particolare, non veritieri erano i luoghi di destino riportati nei formulari, in quanto i rifiuti “cartolarmente” destinati a talune imprese venivano stoccati altrove e commercializzati con soggetti economici differenti da quelli riportati sul documento, così recando un serio pregiudizio alla tracciabilità dei prodotti da smaltire, obiettivo essenziale perseguito dalla normativa di settore.
Sotto il profilo strettamente tributario, il servizio della Guardia di Finanza della Marca ha portato a ricostruire l’illecita gestione di circa 8.800 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, segnalando ai competenti uffici regionali l’omesso versamento del corrispondente tributo speciale (“ecotassa”), previsto dall’articolo 3, comma 24, della legge 549 del 1995, per un importo di quasi 90mila euro.
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