Uccideva malati terminali in ambulanza per poi “venderli” alle ditte funebri

di Redazione

Avrebbe ucciso tre persone anziane e malate per potere poi offrire ai familiari i servizi a pagamento di onoranze funebri. E’ l’accusa contestata a Davide Garofalo, un barelliere di 42 anni, di Adrano. Gli vengono contestati tre omicidi volontari commessi, uno l’anno, dal 2014 al 2016, iniettando aria nelle vene di malati terminali mentre li stavano trasferendo dall’ospedale di Biancavilla a casa procurando loro la morte per embolia gassosa. Le vittime sono una donna e un uomo molto anziani, e un 55enne deceduto nel 2015. Nell’inchiesta ci sono altre due barellieri indagati per altri episodi simili, a cui sono contestati gli stessi reati avvenuti su altre ambulanze. La Procura non ha voluto precisare la loro attuale posizione. Garofalo è persona ritenuta vicina al clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello.

I malati terminali venivano uccisi su un’ambulanza, iniettando loro dell’aria nel sistema sanguigno, e poi i corpi ‘venduti’ per 300 euro a agenzie di onoranze funebri. Era questa l’ipotesi, che dà il nome all’operazione in corso dei carabinieri, ‘l’Ambulanza della morte’, sulla quale stava lavorando da mesi la Procura di Catania che aveva aperto un’inchiesta per omicidio dopo le rivelazioni di un collaboratore di giustizia, che accusa la mafia locale di avere avuto un ruolo nella vicenda.

Sono oltre 50 i casi di decessi avvenuti tra il 2012 e il 2016 all’attenzione della Procura distrettuale di Catania. Di questi una decina, secondo le indagini dei carabinieri, hanno “una maggiore pregnanza”, ma soltanto tre sono al momento i decessi portati all’attenzione del gip che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Lo ha detto il procuratore aggiunto Francesco Puleio in conferenza stampa.

Il decesso avveniva durante il trasporto dall’ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti dimessi perché in fin di vita. I casi sarebbero iniziati nel 2012. All’insaputa dell’ospedale e dei medici. Le prime rivelazioni il ‘pentito’ le aveva fatte in un’intervista a ‘Le Iene’ e poi si era recato in Procura per riferire dei fatti a sua conoscenza. I carabinieri della compagnia di Paternò, su delega dei magistrati della Dda etnea, hanno acquisito cartelle cliniche nell’ospedale.

“La gente non moriva per mano di Dio”, spiegò allora il collaboratore, ma per “guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50”. Secondo la sua ricostruzione, il malato terminale tornava a casa “siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell’aria con l’agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia”, così i familiari non se ne accorgevano. Approfittando del momento di grande dolore proponevano l’intervento di un’agenzia di onoranze funebri che, sottolinea il testimone, “poi gli faceva un regalino”, i 300 euro a salma appunto. Il pentito sostiene che “erano i boss a mettere gli uomini sull’ambulanza” e che i “soldi andavano all’organizzazione”.

Gli omicidi avrebbero l’aggravante di aver agevolato le attività del clan mafioso “Mazzaglia-Toscano-Tomasello” operante a Biancavilla, e del clan “Santangelo” di Adrano. E, in effetti, vi sarebbe un legame tra le operazioni “Reset” e “Onda d’urto” e “Ambulanza della morte”, è stato spiegato nel corso della conferenza stampa, in quanto i clan mafiosi di Adrano e Biancavilla avevano imposto un controllo sulle attività economiche locali, sia dal punto di vista estorsivo ai danni di agenzie di pompe funebri, sia nei confronti di enti privati che gestivano le ambulanze, pretendendo tutti i profitti legati alle attività di trasporto, che venivano divisi tra gli ambulanzieri e i clan stessi. Gli ambulanzieri venivano imposti dai clan mafiosi ed il proprietario, che non poteva opporsi al nominativo segnalato, veniva in pratica “spossessato” della titolarità del mezzo.

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