Pamela, colpita alla tempia e una coltellata al fegato: “Sezionata in modo scientifico”

di Redazione

Un colpo alla tempia con un oggetto contundente oppure uno spigolo, una coltellata al fegato e una dose (probabilmente letale) di droga. Sono i primi dettagli dell’autopsia fatta sui resti di Pamela Mastropietro. Ma le domande senza risposta sono tante. “Ci arriveremo”, dice il professore Mariano Cingolani che ha condotto l’esame autoptico, anche se “il sezionamento del cadavere è stato fatto in modo scientifico per cancellare le prove”.

“Io, con gli strumenti giusti e un tavolo operatorio ci avrei messo almeno 10 ore per sezionare un corpo in quel modo, non posso credere che sia stato fatto in una vasca da bagno”, dice il professor Cingolani che di casi spinosi se ne intende. Lui ha seguito le vicende di Eluana Englaro, Marco Pantani e Meredith Kercher. Ma l’esperienza sul caso Pamela non lo ha lasciato indifferente. “Abbiamo molto lavoro davanti ma con la tecnologia riusciremo a dare le risposte a tutti i dubbi”, dice ancora.

Come sia morta Pamela è la domanda principale, probabilmente la droga assunta è stata la causa, ma l’assenza di sangue non ha permesso un controllo rapido. Ci vorranno esami più specifici. Sono state però trovati altri indizi che mettono nei guai Innocent Oseghale, nigeriano che abitava nella mansarda di via Spalato, arrestato per occultamento e vilipendio di cadavere, e indagato anche per l’omicidio. Una ferita al fegato è compatibile con un coltello trovato nella mansarda dove sarebbe avvenuto il sezionamento del cadavere. Ma è stata data quando ancora Pamela era in vita? Anche questo sarà stabilito dai prossimi esami.

Il sezionamento del corpo è avvenuto in modo scientifico, dicono gli esperti, con l’obiettivo di cancellare le prove. Anche lo stupro e lo strangolamento saranno difficili da provare perché, oltre al sangue e all’urina, mancano alcune parti del cadavere. C’è sicuramente una ferita alla tempia che la ragazza ha subito quando era ancora in vita. Un forte colpo con un oggetto contundente oppure uno spigolo. Una ferita non mortale che però potrebbe averla tramortita.

Innocent Oseghale non è l’unico indagato e allo stesso tempo non potrebbe aver fatto da solo lo scempio del corpo di Pamela. Ne sono certi gli inquirenti che indagano sul caso e che lamentano l’eccessiva pressione mediatica. Lo chiede il procuratore Giovanni Giorgio che oltre a Oseghale ha iscritto nel registro degli indagati un secondo pusher, Desmond Lucky, anche lui nigeriano, accusato di concorso nei reati ma anche di spaccio di droga: avrebbe anche ceduto una “modestissima” dose di eroina a Pamela. Una quantità troppo piccola per far scattare l’arresto dello spacciatore ma che potrebbe essere stata fatale alla giovane che non usava droghe da quattro mesi.

I due pusher continuano a negare responsabilità per le pesanti accuse. Innocent, per il quale secondo il gip non ci sono sufficienti indizi di colpevolezza per l’omicidio, ha cambiato più volte versione: aveva detto che la ragazza era salita in casa solo con Desmond, il quale le aveva ceduto eroina; poi ha raccontato invece di averla vista iniettarsi droga e poi sentirsi male prima di scappare. Desmond ha sostenuto di non essere mai stato in quell’appartamento e di non aver visto quel giorno né Innocent né Pamela: l’eroina? “Mai spacciato droga”.

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