Oscar 2018, miglior film “La forma dell’acqua”. Premio al film di Guadagnino

di Gaetano Bencivenga

Si è conclusa, senza grandi sussulti, la 90ma edizione della Notte delle Stelle, tenutasi, come da tradizione, al Dolby Theatre di Los Angeles e condotta, con il solito piglio umoristico, da Jimmy Kimmel per il secondo anno consecutivo. L’imperdonabile strafalcione della passata edizione, che vide annunciare quale vincitore assoluto il favoritissimo “La La Land” al posto del designato “Moonlight”, passa, quindi, alla storia delle gaffe planetarie più clamorose e cede il passo a un verdetto atteso e senza rimarchevoli sorprese.

Il duello annunciato tra “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” dell’irlandese Martin McDonagh e “La forma dell’acqua” del messicano Guillermo Del Toro si è risolto a favore del secondo, che ha, meritatamente, portato a casa i trofei per il film, la regia, la scenografia, la colonna sonora. Senza dubbio, la storia d’amore tra una donna muta (l’eccellente Sally Hawkins) e una creatura, a metà tra l’umano e l’anfibio, generata in laboratorio ai tempi della Guerra Fredda pulsante, però, di virile sensibilità, diretta magistralmente da Del Toro, ha meritato il massimo riconoscimento, a fronte anche del cospicuo numero di ben 13 nomination, ma consegnargli, anche, gli allori per la regia la scenografia, la colonna sonora ha significato riconoscergli un valore di godibilissimo spettacolo cinematografico puro.

Qualcosa in più, a dire il vero, lo avrebbe potuto portare a casa il duro (forse troppo per l’Academy) “Tre manifesti” ma gli Oscar consegnati all’attrice protagonista Frances McDormand e all’attore non protagonista Sam Rockwell lo ripaga della delusione per il mancato premio alla sceneggiatura originale andato, invece, allo strambo Jordan Peele di “Scappa-Get Out”. In effetti, sia la McDormand, al secondo Academy Award dopo quello ottenuto per “Fargo” nel 1997, sia Rockwell rappresentano l’anima pulsante di una pellicola imprevedibile e curata in ogni minimo dettaglio, che parte da un caso di cronaca, lo stupro e l’uccisione di una ragazza in un paesino della profonda provincia yankee, per giungere a tracciare un quadro desolante, ma avvincente, di un’umanità molto più complessa delle apparenze, capace di stravolgere, in continuazione, principi e valori universalmente noti. Anche sul fronte dell’attore protagonista nessuno stravolgimento rispetto alle previsioni iniziali. D’altronde il Gary Oldman visto nei panni del premier britannico Winston Churchill, alle prese con i problematici primi anni del suo mandato a Downey Street, nel biografico “L’ora più buia” di Joe Wright non ha veramente avuto rivali nell’attuale stagione cinematografica. Come l’attrice non protagonista Allison Janney, una delle più note caratteriste di Hollywood, che nel biopic “Tonya” di Craig Gillespie nel ruolo della dispotica e disturbata madre della pattinatrice su ghiaccio statunitense Tonya Harding, una lodevolissima Margot Robbie, rea di aver perpetrato un’aggressione ai danni della rivale Nancy Kerrigan nel 1994, trova finalmente la legittima consacrazione.

Un pezzetto di gloria, anche, per il nostro cinema, che vistosi escluso nella corsa al titolo di miglior lungometraggio in lingua straniera, categoria nella quale, alla fine, l’ha spuntata il cileno “Una donna fantastica” di Sebastiàn Lelio, si è rifatto con l’ormai celeberrimo “Chiamami con il tuo nome” del siciliano, dalla carriera decisamente internazionale, Luca Guadagnino. L’Oscar, tanto agognato, per l’adattamento dell’omonimo romanzo di André Aciman curato dal quasi novantenne cineasta inglese James Ivory è giunto a destinazione, tramandando ai posteri la memoria di un film garbato, raffinato e controverso sulla passione gay vissuta da due giovani, l’uno americano l’altro cosmopolita, in una calda estate italiana degli anni Ottanta. E un dubbio resta. La suddetta sceneggiatura non era nata da una collaborazione, a sei mani, tra Ivory e gli italianissimi Guadagnino e Walter Fasano, che non sono stati più citati nelle sedi delle svariate premiazioni, e i cui nomi risultano, addirittura, scomparsi dai crediti nelle fonti ufficiali? Ai posteri l’ardua sentenza ma, all’interno di una vicenda avvolta da un misterioso silenzio, ci godiamo un traguardo, senza dubbio, prezioso per la Settima Arte tricolore.

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