Vasta operazione contro la ‘ndrangheta in Piemonte. All’alba i carabinieri del comando provinciale di Asti hanno arrestato 25 persone per estorsioni, traffico di armi e droga. Effettuate anche oltre 50 perquisizioni. Per gli inquirenti, quella smantellata oggi con l’operazione ‘Barbarossa’, è una vera e propria organizzazione criminale di matrice ‘ndranghetista attiva nell’Astigiano e nel Cuneese.
Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip di Torino alla fine di una complessa indagine di due anni coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) torinese. Nell’operazione sono stati impegnati circa 300 militari dell’Arma. Nel complesso sono 58 le persone indagate, tra cui vi sono anche commercianti, imprenditori, artigiani e liberi professionisti. Effettuate anche 78 perquisizioni domiciliari.
L’indagine è partita nel maggio del 2015 ed ha interessato svariate province: Asti, Cuneo e marginalmente quelle di Alessandria, Torino, Milano, Savona. In particolare, i territori finiti sotto la lente sono quelli dei Asti, Costigliole D’Asti, Agliano Terme, Castelnuovo Don Bosco, Castagnito, Canelli, Isola D’asti, Mombercelli, Calosso e Alba. Gli investigatori avrebbero così delineato la struttura organizzativa e i presunti appartenenti, nei diversi ruoli, ad una nuova locale di ‘ndrangheta costituita nella provincia piemontese.
Nell’inchiesta coinvolte anche le due province di Catanzaro e Vibo Valentia, interessando i comuni di Lamezia Terme e Vibo in particolare, e svelando anche gli stretti rapporti di reciproca assistenza che sarebbero esistiti tra gli esponenti ‘ndranghetisti delle province calabresi di origine e dell’articolazione dell’associazione piemontese. Un sodalizio criminale che avrebbe esercitato il suo controllo sul territorio attraverso l’infiltrazione, tra Asti e Alba, in due aziende locali, una di calcestruzzi e un’altra agricola ed ingrosso di frutta, anche tramite quattro società sportive: l’Asti Calcio, la Pro Asti Sandamianese, l’Us Costigliole Calcio e la Motta Piccola California.
Un’indagine originata da una serie di episodi inquietanti che si sono registrati negli anni nel territorio di Costigliole dove la “cellula” della ‘Ndrangheta faceva capo alle famiglie calabresi le Stambè, Emma e Catarisano stanziate nel posto: secondo gli investigatori, a tenere le fila e i rapporti fra le tre famiglie era l’albese Rocco Zangrà.
Tra gli episodi l’intimidazione ai danni del titolare del bar del Peso di Costigliole, la cui colpa era quella di non aver ceduto alle estorsioni. Nel 2012 qualcuno avevo sparato contro il locale e solo per un soffio non c’era scappato il morto (per questo episodio si parla di tentato omicidio). Un altro tentato omicidio che si inquadra in una sorta di regolamento di conti, almeno secondo gli investigatori astigiani coordinati dalla Dda di Torino, sarebbe quello di Mattia Pisano, anche lui oggi arrestato, picchiato brutalmente per aver fatto uno sgarro, rubare cioè il furgone a un componente della famiglia Catarisano. Ma l’evento cardine dell’indagine è stato l’omicidio di Luigi Di Gianni, conosciuto come “Gianni da Foggia”, ucciso nel gennaio del 2013 a colpi di fucile fuori dalla sua casa di Isola. Un delitto che avrebbe rappresentato “una prova di forza per affermare la cellula della ‘ndrangheta sul territorio”, hanno sostenuto gli investigatori astigiani guidati dal maggiore Lorenzo Repetto e dal colonnello Bernardino Vagnoni, comandante provinciale dell’Arma. Un quadro in cui si sarebbero inserite estorsioni, richieste di pizzo, traffico di droga e armi, fucili e pistole rubate che sarebbero state usate per i fini della locale a Costigliole ma anche inviate in Calabria.
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