All’alba di oggi, i finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, a conclusione di una complessa attività investigativa coordinata dalla Procura di Roma – Gruppo reati contro il patrimonio, stanno dando esecuzione, in Roma e provincia, ad una misura cautelare personale e reale nei confronti di 3 persone, di cui due in carcere ed una agli arresti domiciliari, ritenute responsabili, a vario titolo, di usura aggravata, estorsione, abusiva attività finanziaria, intestazione fittizia di beni e millantato credito.
L’operazione, denominata “Vecchia Scuola”, ha permesso di accertare un ampio e collaudato sistema di concessione di prestiti in regime di abusiva attività finanziaria, in alcuni casi con l’applicazione di tassi usurari, gestito da due fratelli romani in danno di imprenditori e persone, residenti in diversi quartieri della Capitale, tutte in evidente stato di bisogno. L’indagine è partita proprio dalle testimonianze di una vittima che aveva dichiarato di aver ottenuto, da parte di uno degli indagati, un ingente prestito a tassi usurari, indicando anche il nominativo di ulteriori due vittime, che poi, una volta ascoltate, confermavano la circostanza.
L’attività illecita veniva posta in essere principalmente in un ufficio allestito all’interno di una rivendita di alcolici situata a Roma, quartiere Quadraro, riconducibile ai due indagati principali, che fungeva da “quartier generale” dell’attività criminosa dove le vittime si recavano sia per ricevere i prestiti che per rinegoziare il debito contratto, allorquando non erano nelle condizioni di saldare le rate in scadenza.
E’ stata così ricostruita l’attività usuraia svolta nei confronti di 14 vittime, con tassi pari o superiori al 10% mensile. Gli usurai garantivano l’erogazione di prestiti non solo di modesta entità, ma anche per rilevanti importi. In un caso, ad esempio, è stato appurato che a fronte di un prestito di 100mila euro destinato ad un piccolo imprenditore, poi fallito, la vittima dopo 6 anni ha dovuto riconsegnare una somma pari a circa 400mila euro.
In alcuni casi i due soggetti – residenti nel quartiere Centocelle, che avevano già precedenti di polizia per usura e estorsione sin dal 1994 e che svolgerebbero questo “lavoro” da oltre 40 anni – hanno chiesto e ottenuto dalle vittime, a garanzia dei crediti vantati, assegni, cambiali e quadri di valore, mai restituiti. In altre occasioni hanno estorto il pagamento degli interessi usurari con intimidazioni, ad esempio minacciando di mettere all’incasso gli assegni “scoperti” ricevuti in garanzia, al fine di provocare il conseguente protesto.
Le somme di denaro in contanti, costituenti lo strumento e il profitto dell’usura, venivano occultate nel tempo anche presso la tomba di famiglia dei due fratelli, ubicata nel cimitero di Prima Porta di Roma, dove gli stessi si recavano abitualmente: in particolare, predisponevano buste di plastica contenenti decine di migliaia di euro che poi venivano sotterrate in più punti attorno alla tomba.
I due fratelli dichiaravano redditi in evidente sproporzione rispetto alle possidenze mobiliari e immobiliari a loro riconducibili ammontanti ad valore stimato pari a 700mila euro. Inoltre, al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniale, procedevano ad intestare fittiziamente alla moglie di uno dei due le quote sociali di due società romane operanti nel settore delle attività di consulenza tecnica o amministrativa (di fatto gestite anche per riscuotere i crediti di natura usuraia), nonché le quote della società attiva nel commercio all’ingrosso di bevande alcoliche intestataria della rivendita di vini. Nei confronti dei due fratelli è in corso di esecuzione anche il sequestro preventivo del capitale sociale di tre società, di 5 immobili ubicati a Roma (di cui 2 appartamenti) e un terreno sito nel Comune di Montecompatri, tutti riconducibili agli stessi.
Nell’ambito della stessa indagine, sono state altresì individuate attività illecite poste in essere da un altro soggetto (raggiunto da custodia cautelare ai domiciliari) che, millantando credito presso ipotetici pubblici ufficiali dipendenti della Motorizzazione Civile di Roma, si faceva promettere e/o corrispondere dalle proprie vittime somme di denaro (anche importi di 2.000 euro a persona) per ottenere la patente di guida senza sostenere il prescritto esame di abilitazione. L’attività si inquadra nell’ambito di una più ampia strategia attuata dalla Guardia di Finanza finalizzata a contrastare sempre di più insidiosi fenomeni di criminalità economica, commessi a danni di cittadini ed imprese oneste.
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