Marcianise, minacce alla responsabile di una casa-famiglia: indagata coppia di genitori

di Redazione

I carabinieri della stazione di Marcianise, lo scorso 4 agosto, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta della Procura, applicando la misura degli arresti domiciliari nei confronti di Mario Franco Comune, 30 anni, e, contestualmente, la misura del divieto di avvicinamento alla parte offesa, Manuela Ragosta, nei confronti di Rosa Angelino, 28 anni. Le attività di indagine hanno consentito di raccogliere un grave compendio indiziario a carico di Comune e Angelino, ai fini della ricostruzione dei comportamenti materiali ascritti ai due indagati ed al movente della loro condotta. È stato, in tal modo, acclarato che il Tribunale per i minorenni di Napoli, con provvedimento dell’1 marzo 2017, aveva disposto nei confronti dei due indagati la sospensione delia potestà genitoriale, affidando, contestualmente, i loro quattro figli alla casa-famiglia gestita a Marcianise da Manuela Ragosta. Ed è nel corso dei colloqui settimanali con i propri figli che gli indagati avrebbero iniziato a minacciare la responsabile della struttura.

Le minacce venivano prontamente denunciate dalla Ragosta ai carabinieri e avevano come effetto l’ennesimo provvedimento del Tribunale per i minorenni di Napoli, che, il 18 maggio scorso, dichiarava lo stato di adottabilità dei minori. L’indagine, avviata immediatamente nel mese di maggio 2018, ha permesso di appurare, tra l’altro, che gli indagati, in concorso fra loro e con condotte reiterate, minacciavano di morte e ulteriori danni fisici la Ragosta, paventando di incendiare la casa-famiglia, prospettando anche ripercussioni future al figlio nascituro della titolare. Tali condotte, perpetrate tramite numerose chiamate e messaggi tramite WhatsApp, causavano nella vittima un grave stato d’ansia, ingenerando in lei un fondato timore per l’incolumità propria e delle persone a lei vicine.

La progressione criminosa dei comportamenti minatori dei due indagati poggerebbe sul convincimento maturato negli stessi che i provvedimenti alle segnalazioni della responsabile della casa-famiglia. L’attività di polizia giudiziaria permetteva di accertare le condotte tramite l’analisi dei cellulari in uso agli indagati, all’interno dei quali venivano rinvenute numerose conversazioni WhatsApp recanti minacce e ingiurie all’indirizzo della vittima.

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