Salvatore Vinciguerra, la storia dell’artigianato casertano

di Redazione

Salvatore VinciguerraCASERTA. Si chiama “Bottega artigiana marmi Bottone”. Il proprietario è Salvatore Vinciguerra, geometra marmista, ma lo chiamano Bottone.

Una vita di ininterrotto lavoro, tra un secolo e l’altro. Salvatore Vinciguerra è nato il 20 aprile 1932, nella stessa strada della sua bottega, via San Carlo a Caserta.

A festeggiare il compleanno la sua bella famiglia: la moglie signora Lucia, i figli Stella, Luigi e Giuseppe, le nuore, il genero e i nipoti. Qualcuno crede che sia andato in pensione, ma non è così, anzi ha inventato un’arte nell’arte, perché da qualche tempo crea e produce incredibili sculture su sottilissime lavagnette. Pezzi unici e rari. “Non ne esistono eguali in campo nazionale”.

Lo dice con semplicità, ma anche con orgoglio. Sculture finissime, come merletti, con soggetti sacri e profani. La bottega è sempre la stessa, forse unico esemplare che è rimasto delle botteghe sancarline di una volta. Solo dodici metri quadrati, completa di tutto. Per chi entra, a sinistra, il classico bancone dell’artigiano, che è poi un poderoso cavalletto sul quale poggiano le tavole di legno per il piano di lavoro sul quale sono passate innumerevoli grosse lastre di marmo da levigare, incidere, rifinire e, ora, poggiano le delicate lavagnette. A sinistra un altro pezzo classico di bottega artigiana: un lungo scaffale in legno grezzo, sfinestrato, sul quale vi è di tutto. In fondo, una comoda poltrona per farvi perfino il riposino tra una scalpellata e l’altra. Il regno di Bottone. Per chi ama l’antiquariato quello scaffale è prezioso.

Vecchie fotografie a ricordo delle opere eseguite ed anche di persone amiche di tanti anni fa. In prima fila Vincenzo Gallicola, indimenticabile sindaco della città di Caserta, cittadino casertano doc, al quale egli porta un ricordo devoto che sa di amicizia, di gratitudine e soprattutto di affetto. “Era il mio sindaco, dice con riverenza, e per lui io facevo quasi da guardia del corpo. Pur avendo il mio mestiere, dopo una strepitosa campagna elettorale lo seguii al Comune e diventai ispettore ecologico. Mia moglie Lucia era la titolare della bottega, dove sono ritornato a lavorare a tempo pieno dopo il mio pensionamento”. Salvatore Bottone è figlio d’arte. Il padre Luigi era un bravo scultore e restauratore, con bottega naturalmente allo stesso civico di via S. Carlo.

“Nell’immediato dopoguerra, così racconta, mio padre vinse il concorso bandito per restaurare le opere in marmo di Palazzo Reale danneggiate dai bombardamenti aerei, sia quelle della Cappella Palatina che le statue del parco. Nelle ore pomeridiane, dopo la scuola, mi conduceva con sé al lavoro ed io lo seguivo felice, imparando il mestiere sul campo”.

Ma la vera scuola di Salvatore Bottone era quella bottega artigiana dove si rifugiava dopo le ore di studio e che poi è diventata il suo regno, una volta conseguito il diploma di geometra. “E’ vero, continua, dovevo lavorare molto anche perché la famiglia era grande”. Un modo di dire che non segnala tanto la necessità di contribuire al mènage familiare, quanto la consuetudine che i maschi delle famiglie artigiane iniziassero subito ad apprendere ed a fare il lavoro paterno. Quando si faceva “casa e puteca”. La bottega al piano terra e la casa nell’ammezzato soprastante.

Salvatore era il primo di nove figli. Con lui, purtroppo, la dinastia dei Bottone marmisti finisce, perché nessuno dei figli pratica il suo mestiere. Hanno intrapreso altre strade, affermati professionisti che in comune con il padre hanno il diploma, anzi la maturità di geometra. Depositario di un’arte antica, che ora nelle sue mani è diventata preziosa, vorrebbe consegnarla e trasmetterla come cosa sacra. Da un’intuizione improvvisa è nato l’intarsio su quelle sottilissime lavagnette, che diventano autentiche opere d’arte. Gli guizzano e gli cantano tra le mani come se a guizzare fosse una spola da chiacchierino.

Molti oggetti che produce sono autentici ricami, finemente incisi e modellati come cera, intarsiati, cesellati e impreziositi. Molti sono a terra, nello spazio angusto tra la soglia e l’interno, come in una semplice vetrina; altri appesi alle pareti, altri esposti all’esterno sulla strada. Due sogni ha Salvatore Bottone: quello di fare una grande mostra e quello di aprire una scuola, “naturalmente gratuita” dice, per consegnare ai giovani la sua arte. La gente passa, lo saluta, lui risponde con il suo largo sorriso, invita ad entrare, a fare quattro chiacchiere, perché una vera bottega artigiana è anche luogo d’incontro. E di amicizia.

“Cento e cento anni ancora, don Salvatore”. Così gli augura la gente che sa del suo compleanno. E come non saperlo? Bottone appartiene a tutti. Lui che è il custode di via San Carlo.

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