Gli agenti della Squadra mobile di Enna e del commissariato di Piazza Armerina hanno proceduto all’arresto di sette giovani, tre dei quali all’epoca minorenni, dimoranti a Piazza Armerina, tutti indagati per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nello specifico marijuana. All’operazione – coordinata dalla Procura ennese nelle persone del procuratore Massimo Palmeri e del sostituto procuratore Francesco Lo Gerfo, e dalla Procura di Caltanissetta nelle persone del procuratore Laura Vaccaro e del sostituto Stefano Strino – hanno collaborato l’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, la Polizia Scientifica e altre articolazioni della Questura di Enna, dei commissariati di Leonforte e Nicosia, nonché del Reparto Prevenzione Crimine Sicilia Orientale e delle Unità Cinofile Antidroga della Questura di Catania.
L’indagine ha consentito di accertare come una ramificata ed attiva rete di giovani, nativi del posto ed extracomunitari, – questi ultimi ospiti nelle diverse strutture ricettive per immigrati di Piazza Armerina – aveva individuato nel parco comunale “Villa Garibaldi” del centro armerino l’area di “mercato all’aperto” per lo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana e hashish. Il parco pubblico era stato interamente monopolizzato per la gestione dell’illecita attività dai malviventi che lo presidiavano quotidianamente, un basilare punto di riferimento per qualsiasi soggetto che voleva acquistare facilmente e ad ogni ora dello stupefacente.
I poliziotti effettuavano attività di video sorveglianza, dal mese di agosto 2017, supportate parallelamente da riscontri emersi da intercettazioni telefoniche, documentando centinaia di cessioni, anche ad acquirenti minorenni, che hanno portato, già in pochi mesi di indagine, a segnalazioni, arresti e al sequestro di dosi già “steccate” di marijuana, oltre a somme di danaro contante, provento dell’illecita attività di spaccio. Due le fazioni criminali attive. Una capeggiata da Marco Cancilleri e l’altra da un extracomunitario (all’epoca minorenne), oggi 18enne, entrambe dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti che condividevano lo stesso “mercato all’aperto”, individuando precise aree della villa per lo stoccaggio ed il confezionamento al dettaglio e l’occultamento dello stupefacente. Accettando i conseguenti rischi di un’attività vista come un vero e proprio “lavoro” dai pusher, riuscivano a gestire, in alcuni casi anche in rapporto di fungibilità, lo spaccio.
L’attività di monitoraggio dimostrava come lo spaccio si svolgesse in maniera frenetica nell’area d’interesse del parco comunale; infatti, gli indagati, effettuando le operazioni prodromiche all’illecita attività stessa – quali il confezionamento in dosi dello stupefacente da smerciare ed il relativo occultamento tra le siepi, individuate quale luogo sicuro – si ponevano in attesa nei pressi di una “panchina” quale punto di riferimento, ove, ricevuta l’ordinazione del tossicodipendente e prelevata la dose e/o il quantitativo richiesto, effettuavano la cessione in cambio della somma di denaro pattuita.
Il “bivaccare” nei pressi della panchina per un gruppo , o nell’area sovrastante, insistente a pochissima distanza dal cancello secondario d’ingresso alla Villa Comunale, per il gruppo facente riferimento agli extracomunitari, – così come l’occultare le dosi di marijuana tra le siepi o per terra, ben nascoste dai cumuli di fogliame e aghi di alberi – ha rappresentato una costante, da un lato legata all’immediata individuazione da parte dei clienti e dall’altro all’adottata cautela di non essere trovati in possesso di alcunché addosso, in caso di controllo; oltreché, chiaramente, anche alla possibilità di allontanarsi repentinamente al minimo segnale d’allarme. Ogni tentativo da parte degli indagati di eludere le investigazioni – spostandosi continuamente all’interno del parco e cambiando i nascondigli delle dosi – è però rimasto vanificato dall’azione investigativa dei poliziotti. Particolarmente emblematica è risultata, inoltre, l’indifferenza dei diversi frequentatori il parco comunale nei confronti degli spacciatori, probabilmente assuefatti al turpe mercato illecito.
Per rendere più complessa l’individuazione della cessione e la configurazione del reato, gli spacciatori, prevalentemente riconducibili al gruppo “capeggiato” da Marco Cancilleri, operavano in totale sintonia tra loro, effettuando gli scambi in concorso (nessuno aveva mai la disponibilità diretta ed immediata di un quantitativo di droga che potesse, di per sé, integrare la detenzione ai fini di spaccio) sotto la stretta sorveglianza o dello stesso Cancilleri o di altri “amici” che, fungendo da vedette, provvedevano sia ad avvertire del passaggio di pattuglie delle forze di polizia, sia ad indirizzare gli acquirenti, i quali è capitato che si rifornissero di sostanza stupefacente più volte nell’arco della stessa giornata. Nell’ambito del gruppo, i ruoli di pusher o vedetta erano assolutamente intercambiabili anche nell’arco della medesima giornata. Infatti, in caso di momentanea assenza di uno degli indagati, i “fiancheggiatori e/o correi” garantivano la prosecuzione dell’illecita attività, la quale assumeva in alcuni momenti l’aspetto di una vera e propria “catena di montaggio”.
I diversi interventi effettuati a riscontro dell’attività di indagine permettevano, tra l’altro, di stilare una sorta di “prezzario” della singola dose di marijuana. Emergeva, infatti, come gli indagati, in base ad una perfetta logica criminale, preferissero confezionare e vendere dosi della pezzatura pari o di poco superiore al mezzo grammo al prezzo di 5 euro, perché così, sicuramente, i rischi, in caso di controllo, si sarebbero ridotti enormemente, prevedendo, già, l’ipotesi più attenuata dello spaccio. In particolare, la location del market all’aperto per lo spaccio della marijuana e dell’hashish, insistente in area centrale del comune di Piazza Armerina, era attorniata, nel raggio di alcune centinaia di metri, da numerosi istituti scolastici, quali l’Itis, il Liceo Classico, l’Istituto Industriale e l’Istituto Alberghiero, l’Itcg, oltre al Sert. Le operazioni tecniche di intercettazione telefonica consentivano di dimostrare, tra l’altro, che Cancilleri proseguiva nella gestione dell’illecita attività anche in serata e, quindi, dopo la chiusura del parco comunale, concordando degli incontri, con i clienti più fidati o i complici, presso l’abitazione a Piazza Armerina.
A tutto ciò deve aggiungersi la condotta tenuta dalla compagna di Cancilleri, la quale, permanendo nell’area interessata dallo spaccio, ha comunque collaborato con il giovane, indicandogli gli acquirenti, accettando passivamente l’evidenza dello spaccio, incassando l’illecito provento della cessione ed avvisandolo quando qualche “cliente” lo cercava. Il suo coinvolgimento nell’illecita attività è stato ulteriormente supportato dall’esito delle intercettazioni telefoniche, nel cui ambito sono state registrate diverse conversazioni con le quali la donna avvisava il compagno della presenza di potenziali clienti, della presenza di pattuglie di polizia. La donna, genitrice di un minore, nella consapevolezza dell’illecita attività condotta e gestita dal compagno coabitante, affidava il figlio, all’epoca di appena 6 anni, a Cancilleri che, pur non essendone il tutore legale, ma avendone comunque la responsabilità, con l’inetta volontà di farlo divertire, di fatto, inconsciamente, lo ha coinvolto in tutti gli illeciti traffici gestiti all’interno del parco comunale: assistere alle operazioni di manipolazione dello stupefacente per il confezionamento in dosi nonché alle fasi dell’occultamento e/o di prelievo delle dosi ed alle cessioni della dose di droga.
In carcere sono finiti Marco Cancilleri, 33 anni, per un totale di 114 episodi di cessione, e Mario La Mattina, 20 anni (14 cessioni). Ai domiciliari: Filippo Lingenti, 22 anni (7 cessioni). Affidati in un centro di permanenza per minori tre ragazzi non ancora 18enni. Altri 12 giovani, fra i 29 e i 19 anni, sono indagati a piede libero. Sequestrati, durante le perquisizioni, diversi quantitativi di droga e materiali utili per il confezionamento.