Aversa – Un nuovo capitolo (e c’è da credere purtroppo non l’ultimo) si aggiunge alla complicata, delicata e nota vicenda del dottor Nazario Di Cicco, ed ancora una volta in senso a lui “favorevole”, nella battaglia che da anni vede quest’ultimo opporsi all’amministrazione dell’Asl casertana, questa volta davanti al giudice amministrativo.
Ritornata prepotentemente alle cronache sul finire dello scorso anno, a seguito di una serie di trasmissioni di inchiesta che si sono interessate al caso, si ricorda che una delle denunce del medico, dirigente di ortopedia e traumatologia, risale a ben 18 anni fa, quando segnalò che all’ospedale di Aversa non solo non c’erano gli strumenti essenziali di carattere sanitario, che a svolgere il ruolo di primario ci fosse un medico che non aveva mai eseguito un’operazione e soprattutto che molti decessi potevano essere evitati se l’ospedale avesse mantenuto standard “normali” di igiene e sicurezza.
Da allora, interminabili comportamenti illegittimi e danni sia per l’Asl che per Di Cicco, compreso quello di dichiarare il medico affetto da una malattia mai sentita prima (la “mobbing syndrom”, si badi senza nemmeno la ‘e’ finale), culminati nel licenziamento del dipendente. Per difendersi dalla condotta vessatoria e persecutoria messa in atto dall’Amministrazione dell’Azienda, l’unica è stata intraprendere una lunga e faticosa battaglia giudiziaria, che ha trovato costante e pieno riconoscimento nella Magistratura del Lavoro sin dall’ordinanza del 18 dicembre 2002, confermata dalla sentenza del 2010 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (passata in giudicato con mobbing sentenziato fin “dal giugno 2000”), poi proseguita con le sentenze del 2012 e 2015, entrambe confermate dalla Corte di Appello Napoli.
Così è stata pronunciata la responsabilità dell’Asl di Caserta in ordine al mobbing perpetrato, con condanna al risarcimento dei danni, dichiarazione di nullità del licenziamento “illegittimo e ritorsivo” e ravvisando, nei confronti del dottor Di Cicco, “un unico motivo illecito determinante, quello di realizzare il definitivo allontanamento del contesto lavorativo di un soggetto non gradito alla compagine dirigenziale dell’amministrazione”.
L’odierno “capitolo” giudiziario amministrativo, trova origine nella richiesta di accesso agli atti formulata dal dottor Di Cicco nel marzo 2018, sempre riguardante documenti e relazioni relativi appunto alla sua posizione in seno all’Azienda, non soddisfatta dall’amministrazione dell’Asl, tanto che, ancora una volta Di Cicco, difeso dall’avvocato amministrativista Fabrizio Perla, si è visto costretto a ricorrere al Tar Campania.
Ed anche in sede amministrativa ha avuto ancora una volta ragione, con altro danno per l’Asl il cui comportamento è stato, dunque, censurato anche dalla magistratura amministrativa. Il Tar Campania, infatti, con la sentenza numero 243 pubblicata il 17 gennaio, accogliendo la sua richiesta, negata dall’Amministrazione dell’Asl, ha ritenuto che “in ragione del richiamato quadro normativo il ricorso è fondato dovendo l’amministrazione consentire l’accesso ai documenti richiesti con l’istanza del 29 marzo 2018”. Il tempo dirà se questo sia o meno l’ultimo capitolo della querelle, ma è lecito dubitarne.
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