I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Caserta hanno posto in esecuzione un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con la quale è stata disposta la misura degli arresti domiciliari nei confronti di Giuseppe Barletta, 74 anni, e Nicola Berti, 48; nonché l’obbligo di dimora nei confronti di Gennaro Mancini, 68 anni, e Giuseppe Pisanti, di 69. Contestualmente è stata data esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo di beni immobili e mobili, rapporti finanziari e partecipazioni societarie per circa 28 milioni di euro. Una vicenda che non riguarda il “Gruppo Barletta Spa”, completamente estraneo all’inchiesta, come sottolinea una nota a margine.
L’ordinanza cautelare fonda su un compendio gravemente indiziario a carico degli indagati, coinvolti, a vario titolo e in concorso fra di loro nonché con altre persone, in svariate condotte di bancarotta fallimentare e concordataria, di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, nonché di autoriciclaggio, nel periodo 2006-2016. Viene contestato ai vertici aziendali, in primis a Giuseppe Barletta ed ai suoi più stretti collaboratori, di aver contribuito a creare uno stato di grave insolvenza a danno della “Società Esecuzioni Appalti srl” (ammessa al concordato preventivo in data 18.2.2016), del “Consorzio Interporto Appalti (ammesso al concordato preventivo in data 13.7.2016), del “Consorzio Esecuzioni Speciali” (dichiarato fallito in data 24.3.2017), della “Società Europea Di Partecipazione srl” (ammessa al concordato preventivo in data 17.12.2015) e della “Mail Italia srl” in liquidazione (ammessa al concordato preventivo in data 28.04.2015), per svuotarne le casse, attraverso una serie di operazioni di finanziamento infragruppo a favore di altre imprese correlate, tra cui la società “Agli Antichi Splendori” (che poi si è offerta quale garante dell’adempimento degli obblighi concordatati assunti dalle società così depauperate).
L’ipotesi accusatoria, fondata su un articolato quadro indiziario, è che, a decorrere dal 2006, la compagine imprenditoriale facente capo a Barletta, dopo essere stato individuato, dagli enti pubblici competenti, quale soggetto attuatore dell'”Accordo di programma” finalizzato alla realizzazione dell’lnterporto di Maddaloni-Marcianise, attraverso la costruzione del centro logistico intermodale e del centro commerciale Campania, ha posto in essere una strategia volta a distrarre le liquidità di alcune società, che avevano gestito i progetti infrastrutturali di cui sopra e che nel tempo avevano dolosamente accumulato ingentissimi debiti tributari (per oltre 130 milioni di euro), anche attraverso ripetuti omessi versamenti delle imposte dovute.
Ed è stata proprio la rilevante, complessiva esposizione debitoria verso il Fisco ad indurre la Procura a promuovere, già nel 2015, il ricorso di fallimento nei confronti di 3 società. Il ricorso della Procura veniva, tuttavia, “paralizzato” attraverso la presentazione di dilatori piani concordatari, prevalentemente liquidatori, poi garantiti nella loro fattibilità proprio dalle medesime imprese, in precedenza, beneficiarie dei flussi distrattivi. Nel dettaglio, attraverso un analitico esame delle movimentazioni finanziarie di tutte le aziende interessate alle procedure concorsuali, è stato possibile ricostruire una serie di operazioni economicamente irragionevoli ed estranee allo stesso oggetto sociale, poste in essere contestualmente all’aggravarsi della situazione debitoria nei confronti del Fisco. Infatti, invece di pagare le imposte dovute, sono stati disposti bonifici per svariati milioni di euro a favore di altre imprese del grappo a mero titolo di finanziamento, al solo fine di drenare la liquidità formatasi e dirottarla, per gran parte, all’estero, sottraendo ogni risorsa finanziaria all’eventuale azione di riscossione coattiva da parte dell’erario.
Complessivamente i flussi distrattivi sono stati quantificati, per difetto, in oltre 36,7 milioni di euro, eseguiti attraverso un sistema di scatole cinesi e di ripetuti trasferimenti finanziari infragruppo, che hanno avuto il fine ultimo di arricchire le casse delle società “forzieri” delle imprese, alcune delle quali collocate all’estero (in Olanda). Le società avrebbero così consentito artatamente la sopravvivenza di alcune società divenute proprietarie di ingenti consistenze immobiliari, da ultimo utilizzate per rinegoziare con il comune di Marcianise un’ulteriore progettualità di espansione infrastrutturale, sia al fine dell’ultimazione del progetto interportuale (mai terminato in precedenza) che per l’ennesimo sviluppo dell’area commerciale.
Le stesse imprese, attraverso una controllata, la società “Ise” (Interporto Sud Europa), ha infatti siglato uno specifico accordo transattivo, formalizzato nel novembre 2016, le cui obbligazioni, limitatamente alla parte assunta dal soggetto attuatore privato, anche grazie alla mancanza di adeguati controlli da parte dell’ente locale, sono risultate garantite da fideiussioni illecite, sia perché rilasciate da un “Confidi minore”, che, in quanto tale, non era abilitato all’emissione di polizze a garanzia dell’adempimento di obbligazioni verso enti pubblici, sia perché non aveva la capacità finanziaria per far fronte agli impegni assunti.
Le misure cautelari personali sono state emesse nei confronti di: Giuseppe Barletta, amministratore di fatto dell’intera compagine societaria, è colui che ha definito le strategie criminose sopra descritte, individuando gli obiettivi, di volta in volta, da perseguire e impartendo specifiche direttive ai suoi stretti collaboratori; Nicola Berti, collaboratore di Barletta, è stato legale rappresentante di diverse società, anche beneficiane degli ingenti flussi distrattivi, consapevole dell’intera strategia illecita posta in essere; Gennaro Mancini, già amministratore di diverse società, in qualità di presidente del consiglio direttivo del Consorzio “Co.Ge.Ri.”. È indiziato di aver dolosamente permesso l’appropriazione indebita di rilevanti risorse finanziarie del consorzio (da destinarsi, tra l’altro, al ristoro dei soggetti espropriati) a favore di altre società, permettendone anche l’autoriciclaggio; Giuseppe Pisanti, anch’egli fiduciario di Barletta, è indagato per aver dolosamente agevolato la bancarotta concordataria dell’allora holding “S.E.P. 92 srl”.
Oltre alle misure cautelari personali, è in atto il sequestro di beni per circa 28 milioni di euro costituenti il valore complessivo del profitto dei reati dolosi di bancarotta e tributari, sia direttamente sulla liquidità delle società beneficiane dei flussi finanziari, che, per i reati tributari e di autoriciclaggio, anche per valori equivalenti, sul patrimonio personale degli indagati. E’ in corso anche il sequestro della liquidità della società “Agli Antichi Splendori srl”, risultata responsabile amministrativamente (ex decreto legislativo 2312/2001), in qualità di impresa beneficiarla della condotta di autoriciclaggio commessa a suo vantaggio, avuto riguardo ai proventi dell’appropriazione indebita della somma di denaro nella disponibilità del “Consorzio Generale Ricostruzione”, pari all’importo di 278mila euro. Tra i beni sequestrati vi sono anche le quote societarie nella disponibilità, di fatto, di Giuseppe Barletta, sebbene sia formalmente controllata da due trust con sede in Nuova Zelanda. Società, questa, che detiene numerosi immobili siti nel parco commerciale “Campania”, molti dei quali concessi in locazione a note multinazionali.
GRUPPO BARLETTA SPA: “ESTRANEI TOTALMENTE ALL’INCHIESTA – Intanto, la società “Gruppo Barletta s.p.a.” comunica di essere “totalmente estranea alle inchieste e ai procedimenti promossi nei confronti del Sig. Giuseppe Barletta, con il quale non è legata da alcun rapporto professionale, societario, o di parentela”. “Qualunque impropria associazione tra i fatti oggetto di cronaca e Gruppo Barletta s.p.a. – sottolinea la nota inviata dai legali del gruppo – deve quindi intendersi errata e fuorviante”.
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