Andrea Spinelli combatte il cancro camminando: per i medici dovrebbe essere già morto

di Redazione

Nell’ottobre del 2013 Andrea Spinelli, 46enne siciliano di nascita ma pordenonese d’adozione, riceve la notizia che mai vorresti sentirti dire: tumore inoperabile. Il suo corpo era stato attaccato da un adenocarcinoma alla testa del pancreas. I medici sono certi, l’aspettativa di vita nel migliore dei casi è cinque anni. Invece Andrea è ancora tra noi, debilitato certo, ma vivo. E resta un mistero clinico. Lui, invece, è certo della sua cura: il camminare. Dalla nefasta diagnosi lui ha cominciato a camminare e anche tanto. Da allora ha percorso oltre 13mila chilometri, tutti documentati in un blog.

Parlare di casi come quello di Andrea Spinelli non è mai facile. Non si vogliono dare false speranze a chi come lui sta affrontando un ostacolo della vita che non sempre si riesce a superare. Ma è giusto parlarne. Lo dice lui stesso nel libro che ha da poco pubblicato in cui racconta la propria storia “Se cammino vivo”. “Racconterò la mia storia finché avrò la forza”, scrive Andrea sul suo blog. Lui che è stato anche ufficiale di aviazione descrive il momento della diagnosi: “Mi sono sentito come ai comandi di un aereo in fase di stallo e ho reagito non lasciandomi cadere nella disperazione ‘come non si può fare più niente? io voglio vivere e anche tanto’ ho pensato. Ho trovato la maniera per reagire nel modo più semplice: camminando”.

Andrea Spinelli ha cominciato andando in ospedale a piedi, circa 15 chilometri. Poi sono cominciate le piccole escursioni in montagna per arriva a veri e propri cammini: l’arrivo al confine Italo-Austriaco di Tarvisio, le camminate sull’Appenino Emiliano, dal passo di Croce Arcana fino a Fucecchio, in Toscana. In sei anni 13mila chilometri pari a 19 milioni di passi. L’importante, dice ancora Spinelli, non è come andrà a finire ma il modo in cui ci si arriva. Ed è il silenzio quello da cui bisogna uscire. Per Spinelli è giusto avere paura di morire ma non è giusto temere di parlare di cancro: “Se non ne parlo aiuto queste cellule impazzite a uccidermi”.

Da qui l’idea prima del blog e poi del libro. “Ho un tumore e voglio dirlo a tutti. In tutta onestà, ho pensato molte volte che è importante non rimanere soli, se non mi isolo, se non mi tengo tutto dentro, posso tutto, posso anche perdere, perderò, ma se questo raccontare il cammino con il cancro può essere di sollievo e speranza anche a una sola persona, allora alla fine non avrò perso, ma vinto”.

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