Aversa, esordio internazionale per lo scrittore-poeta Francesco Lisbona firmato “Gradiva”

di Gabriella Ronza

Esordio internazionale dello scrittore e poeta Francesco Lisbona. La prestigiosa rivista “Gradiva”, diretta dal professore Alessandro Carrera ed edita dall’antica casa editrice Leo S. Olschki, ha diffuso per prima alcune sue opere. Gradiva è, infatti, un periodico di poesia italiana, particolarmente famoso in America, dedicato soprattutto al mondo della contemporaneità e avente un occhio di riguardo verso la critica e la saggistica.

Scoperto dal senior editor, critico e professore Luigi Fontanella, Lisbona è riuscito a passare una severissima selezione attuata da esperti e critici letterari e a collaborare con ben due numeri della rivista. Il numero di aprile – che però ha raggiunto il grande pubblico soltanto a giugno – contiene due sue poesie, “La casa dei folli del 1943” e “L’occhio dello specchio (Il rispetto del telo bianco)”, mentre il numero di novembre uno studio su una poesia da lui scoperta di Cristoforo Mercati, in arte Krimer.

Nato ad Aversa nel 1995, Francesco Lisbona si diploma al Liceo Scientifico “Enrico Fermi” con il massimo dei voti e comincia gli studi medici a Firenze. Da sempre appassionato di scrittura e poesia, da autodidatta si specializza negli studi linguistici, teologici e poetici, ponendo particolare attenzione alla ritmica musicale e alla metrica classica, oltre che alla ripresa di questa da parte di autori novecenteschi.

Vecchio amico di “Pupia.tv”, lo abbiamo incontrato venerdì 14 giugno, poco dopo essere rientrato a casa da una importantissima premiazione. Nella serata di giovedì al “Teatro dell’Accademia Aeronautica di Pozzuoli” a Lisbona è stato conferito il premio “Tra le parole e l’infinito”, ideato dal cavalier Nicola Paone, per la 20esima edizione dell’Award Cultural Festival International, alla presenza delle più alte cariche militari dello stato. Viste le circostanze non abbiamo perso l’opportunità di rivolgergli delle domande. Non dubitavamo che ci rispondesse con la solita cordialità di galantuomo che lo contraddistingue.

Di ritorno da una premiazione importante, apprezzato da critici e professori, sembra essere entrato nel mondo della poesia a gamba tesa. Eppure lei è giovanissimo, ha solo 24 anni, come vive tutto questo? Sente il peso di una certa responsabilità sulle sue spalle? Sinceramente no. Sono convinto che la mia età permetta ancora una certa libertà di movimento. Ancora posso sbagliare, per dire così, senza sentirmi per questo sbagliato. Per definire il peso di qualunque cosa servirebbero anni ed esperienza, insomma è la vecchiaia a pesare più delle responsabilità.

“A Gradiva non ci si propone, Gradiva arriva”. Da quel che si sa, un esordio di un poeta italiano così giovane sulla rivista non avveniva da tempo. Com’è successo? Come l’hanno scoperta? Per pura casualità, come avvengono le cose migliori. Un mio caro amico mi ha fatto conoscere il professore e critico Luigi Fontanella. Inevitabilmente si è parlato di poesia e da lì è iniziata la lunga trafila con cui lui stesso mi ha proposto alla rivista e i vari editor hanno deciso di darmi una possibilità. 

Può illustrarci il significato delle due poesie pubblicate sul numero primaverile? A quale delle due è più legato? Spiegarne il significato richiederebbe più tempo di quello che mi permetterei di rubarle. Per farla semplice, una parla della morte e della ‘scaramanzia’ a Essa legata, l’altra del concetto di follia che si era diffuso nei manicomi durante la seconda guerra mondiale. Sono legato, forse, più alla prima, nata in un momento emotivamente difficile.

Può anticiparci qualcosa dello studio su Krimer? Cristoforo Mercati, in arte Krimer, è stato un bravo poeta futurista, che però conoscono in pochi. Quando mi sono imbattuto nella poesia, che ho poi analizzato e il cui studio verrà pubblicato su Gradiva a Novembre, non lo conoscevo bene neanche io. Mi è capitato per le mani un libro datato 1932 e non avrei mai creduto di trovarvi sul retro una poesia scritta e firmata a matita dallo stesso poeta e rimasta lì per oltre 80 anni. Ho sentito il dovere morale di riportarla alla luce e il professore Alessandro Carrera è stato d’accordo con me e mi ha concesso lo spazio riservato ai critici sulla prestigiosa rivista.

So che lei ha condotto importanti studi metrici. Quanto, secondo lei, è importante avere una solida base di questo tipo prima di affrontare un discorso poetico e di scrivere una poesia? Sono fermamente convinto che lo studio sia alla base di qualunque cosa. Fare poesia non è buttare parole a caso e andare a capo. Persino nel linguaggio poetico novecentesco, quello più ermetico e distante dal classicismo, c’era un grande studio di base. Oggi tutti si credono poeti, magari bisognerebbe leggere un po’ più Carducci e meno post it. 

Qual è il ruolo della poesia oggi in Italia e nel mondo, secondo lei? E’ una domanda che mi pongo spesso, ma a cui non so dare una risposta precisa. Mi lego perciò a quel che, al riguardo, disse Montale: “La poesia è una delle tante possibilità della vita. Non credo che un poeta stia più in alto di un altr’uomo che veramente esista, che sia qualcuno”. Insomma la poesia è un modo di essere, come lo è il carattere o la morale. Quindi serve a esprimere una parte di sé, una sensibilità che altrimenti risulterebbe difficile da far capire.

Come ho detto precedentemente, lei studia medicina. Quanto di scientifico c’è nella sua poesia e quanto di empatico e poetico c’è nel suo modo di approcciarsi al paziente? In questo caso mi ricollego alla Merini, quando disse a Paolo Bonolis che un poeta soffre molto di più e fa della sofferenza un fuoco. Ecco, io con quel fuoco sono riuscito a resistere tante volte e tante altre mi sono scottato. Studiare medicina e confrontarsi con i reali dolori degli uomini può essere un vero tormento. La poesia -e la scrittura in generale- è il mio modo di salvarmi, questo inevitabilmente lega le due vite che mi trovo a dover gestire.

La sua umiltà e la sua ritrosia si evincono a ogni parola e, in separata sede, ha più volte detto di non essersi mai aspettato tutto ciò, di non aver mai cercato di diventare un lettorato o un poeta. Chi è, quindi, Francesco Lisbona oggi e chi sarà in futuro? Mi fa sorridere questa domanda, per molti la mia ritrosia non è timidezza, bensì arroganza. Non mi sento né un letterato né un poeta, sono semplicemente un ragazzo a cui piace molto leggere e studiare e che non ama i riflettori. Questa stessa intervista la trovo un’esagerazione per il poco che ho fatto e se ho accettato di farla è solo per accondiscendere al desiderio di una cara amica.

Cosa consiglia ai giovani che vogliono scrivere poesia e che si avvicinano al mondo editoriale? Di stare attenti. L’editoria non è la scrittura, l’editoria coincide perfettamente col mondo imprenditoriale. Consiglio a chiunque voglia fare questo nella vita di ragionare lucidamente, perché è un percorso pericolosamente in salita. Altresì consiglio di leggere e studiare tanto, perché non farlo e comunque buttarsi nella mischia sarebbe come sperare di trovare la cura al Parkinson senza riuscire nemmeno a riconoscerlo.

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