Bari, il boss Montani torna in cella: sparò per vendicare morte del figlio

di Redazione

Arrestato a Venaria, in provincia di Torino, il boss del quartiere San Paolo di Bari Andrea Montani, 55 anni, detto “Malagnacch”, considerato il capo dell’omonimo clan attivo nel rione alla periferia del capoluogo pugliese, accusato del tentato omicidio di Ignazio Gesuito, il 5 febbraio 2018.

I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Tribunale di Bari, su richiesta della Procura. Al boss, tornato libero nel 2016 dopo 18 anni in carcere e che era ai domiciliari per una rapina, il nuovo reato è contestato con le aggravanti del metodo mafioso e dell’aver agito “per motivi di supremazia e riaffermazione mafiosa sul territorio”, di giorno e a volto scoperto.

Gesuito, raggiunto da due sicari nel cortile condominiale di casa, fu colpito al torace e a un braccio da 4 dei 9 proiettili esplosi contro di lui da Montani, che avrebbe continuato a sparare anche quando la vittima era ormai a terra di spalle. Sopravvissuto, ha perso l’uso delle gambe. L’agguato del 2018 è avvenuto nello stesso luogo dove nel 2006 c’era il negozio di animali ‘Savana’ all’esterno del quale Gesuito uccise il 18enne Salvatore Montani, figlio di Andrea. Gesuito per questo delitto era stato in carcere 9 anni fino al 2014 e poi si era trasferito a vivere in una città de Nord Italia, tornando a Bari nel 2017 per gestire alcuni affari di famiglia. “I sodalizi di tipo mafioso – spiega il gip Giovanni Anglana nell’ordinanza – hanno memoria lunga e, sovente, i fatti di sangue costituiscono una reazione a torti subiti anni prima”.

Per il giudice, inoltre, “il delitto, nelle intenzioni di Montani, costituiva una riaffermazione del proprio predominio sul territorio quale segno dimostrativo, anche nei confronti della popolazione del quartiere, della capacità del sodalizio di non dimenticare gli affronti e di colpire, anche a freddo e a distanza di molti anni”. Tra i motivi di “rancore” tra Montani e Gesuito, ci sarebbe stata anche la pendenza dinanzi al Tribunale di Bari di un procedimento civile per ottenere il risarcimento danni da quasi 200mila euro chiesto dalla famiglia del boss per l’omicidio del figlio, con udienza fissata pochi giorni dopo l’agguato.

Agli atti dell’indagine dei carabinieri, coordinata dai pm Domenico Minardi e Federico Perrone Capano, ci sono soprattutto intercettazioni telefoniche e ambientali, video-riprese e le dichiarazioni di vittima e familiari. Nei prossimi giorni il boss Montani, difeso dall’avvocato Nicola Quaranta, sarà sottoposto ad interrogatorio di garanzia per rogatoria a Torino, dove si trova attualmente detenuto al regime dei domiciliari per una rapina commessa a Bari nell’estate del 2018. Dopo l’arresto è stato condotto nel carcere del capoluogo piemontese.

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