Continua la bufera sull’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, per l’appartamento di servizio, in zona San Giovanni in Laterano, assegnato quando era al governo, e che l’esponente del Movimento 5 Stelle avrebbe mantenuto dopo la fine del mandato. “Sono molto arrabbiata. Questa storia mi porterà dei danni. E’ evidente che sono sotto attacco. – si difende la Trenta – E’ tutto regolare”. La procura militare, intanto, ha aperto un fascicolo: al momento non ci sono né indagati né ipotesi di reato. “Faremo tutti gli accertamenti del caso – ha spiegato il procuratore Antonio Sabino – per sgomberare ogni dubbio, anche da un punto di vista amministrativo”. Al momento si tratta di una indagine, ha ribadito, di puro carattere conoscitivo.
“Problemi di sicurezza per il mio alloggio al Pigneto” – La casa, come raccontato dal Corriere della Sera, è stata richiesta dalla ministra nonostante ne abbia una sua sempre a Roma. Un ostacolo aggirato con l’assegnazione al marito, maggiore dell’Esercito. Trenta si è difesa parlando di due iter di assegnazione: la prima a lei in qualità di ministra e in seguito al marito. Intervistata dal Corriere, la Trenta ha spiegato la sua posizione: “Non ho chiesto subito l’alloggio pur avendone diritto, ma soltanto nell’aprile scorso. Ho resistito il più possibile nel mio. Un ministro durante la sua attività ha necessità di parlare con le persone in maniera riservata e dunque ha bisogno di un posto sicuro”. Posto sicuro che, spiega l’ex ministro, non poteva essere l’appartamento di sua proprietà in zona Pigneto, a Roma. “C’erano problemi di controllo e di sicurezza. In quella zona si spaccia droga e la strada non ha vie d’uscita. E poi io avevo bisogno di un posto dove incontrare le persone, di un alloggio grande. Era necessaria riservatezza”.
“Durante il mio incarico, mio marito è stato demansionato” – La Trenta ha quindi ribadito come l’alloggio da ministro sia passato da essere assegnato a lei, ad essere assegnato al marito. “Quando sono diventata ministra, mio marito è stato demansionato. Ora ha di nuovo i requisiti: ha la residenza nella sua città dove ha una casa, ma ha diritto ad avere l’alloggio dove lavora. Invece l’appartamento di Roma al quartiere Pigneto è intestato soltanto a me. Finora è rimasto vuoto, non l’ho affittato. Crede davvero che se non fosse stato tutto in regola lo Stato maggiore avrebbe dato il via libera?”. “E comunque noi – ha proseguito la Trenta – prima facevamo una vita completamente diversa. Dopo la vita del marito ha seguito quella della moglie. Se vivevamo in due uno sull’altro poteva andare bene, poi le condizioni sono cambiate. E anche adesso continuo ad avere una vita diversa. È una vita di relazioni, di incontri”. In una intervista a Radio Capital la Trenta ha spiegato di pagare 540 euro al mese.
“Sono sotto attacco” – “Durante il mio mandato – ha concluso la Trenta – io mi sono occupata delle esigenze di tutti i militari. E infatti è sempre stato detto e scritto che i generali mi osteggiavano e la base mi difendeva. Lasci stare, qui ci sono altre ragioni. Due giorni fa è stato pubblicato un documento riservato con il mio test attitudinale per l’Aise, l’agenzia dei servizi segreti. Poi è saltata fuori la storia della casa. È evidente che sono sotto attacco”.
“Tutto regolare, mio marito ha diritto a quell’alloggio” – In una lettera aperta pubblicata sul suo profilo Facebook, la Trenta aveva già dato la sua versione. “Da ministro ho chiesto l’alloggio di servizio perché più vicino alla sede lavorativa, nonché per opportune esigenze di sicurezza e riservatezza. L’alloggio è stato assegnato ad aprile 2019. Quando ho lasciato l’incarico, avrei avuto, secondo regolamento, tre mesi di tempo per poter lasciare l’appartamento; termine ancora non scaduto”. Inoltre, spiega Trenta, “come è noto, mio marito è ufficiale dell’Esercito italiano con il grado di maggiore e svolge attualmente un incarico di prima fascia, incarico per il quale è prevista l’assegnazione di un alloggio del medesimo livello di quello che era stato a me assegnato. Pertanto, avendo mio marito richiesto un alloggio di servizio, per evitare ulteriori aggravi economici sull’amministrazione (a cui competono le spese di trasloco), è stato riassegnato lo stesso precedentemente concesso a me”.
Di Maio: “Deve lasciare l’alloggio” – Non è bastata la levata di scudi contro di lei, anche all’interno del Movimento Cinque Stelle con richieste di chiarimenti da parte di Luigi Di Maio, secondo cui deve lasciare l’alloggio, e il giudizio del viceministro Stefano Buffagni, che ha parlato di comportamento “non da M5s”. Lunedì mattina il leader pentastellato è tornato sull’argomento in collegamento a Rtl: “Questa cosa dal mio punto di vista non è accettabile, ha smesso di fare la ministra due mesi fa, ha avuto il tempo per lasciare la casa, è bene che ora la lasci e se il marito in quanto militare ha diritto ad un alloggio può fare domanda e lo otterrà. Questa cosa fa arrabbiare i cittadini e anche noi perché siamo quelli che si tagliano gli stipendi”.