Fatture false per 10 milioni di spese mediche: 3 arresti e 208 indagati in Calabria

di Redazione

 I finanzieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno inflitto l’ennesimo duro colpo alle sacche di criminalità reggina sistematicamente dedite all’organizzata perpetrazione di reati fiscali di matrice truffaldina. In un periodo in cui la gestione della pubblica sanità è una questione di assoluta preminenza, stante la pandemia che ha tragicamente afflitto la popolazione mondiale, la Guardia di Finanza reggina, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, diretta dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, al termine di articolate attività d’indagine, ha colpito un fenomeno criminale di vaste proporzioni con cui sono state depauperato le casse dello Stato, con la sottrazione illecita di ingenti risorse alla spesa pubblica, falsificando le attestazioni di spese sanitarie, mai sostenute, per un importo totale di 10 milioni di euro.

In considerazione della notevole ampiezza della platea dei soggetti interessati dalle indagini in parola, i dati fiscali della totalità dei contribuenti compiacenti e dei relativi sostituti d’imposta sono stati acquisiti anche grazie alla preziosa collaborazione dei tecnici informatici del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico) del Corpo, ai fini dell’ottimizzazione delle procedure di acquisizione massiva di informazioni dalle banche dati in uso alla Guardia di Finanza, nonché in vista di un potenziale coinvolgimento della locale criminalità organizzata nel contesto in argomento, per come inizialmente prospettatosi. In tale contesto, quindi, all’esito delle complesse e certosine investigazioni, le Fiamme Gialle della Compagnia di Reggio Calabria hanno dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione della misura cautelare personale coercitiva degli arresti domiciliari nei confronti di 3 soggetti e della misura cautelare reale del sequestro preventivo emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, Antonino Foti, su proposta della locale Procura, nei confronti di una numerosissima platea di soggetti accusati a vario titolo, sia dietro vincolo associativo che in concorso di reato, della perpetrazione di numerose condotte delittuose di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di presentazione di dichiarazioni fiscali fraudolente mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e di truffa ai danni dello Stato.

In particolare, agli arresti domiciliari sono finiti 3 soggetti, ossia E.A. (50 anni), consulente del lavoro operante a Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Novara e Brescia, M.M. (43 anni) e C.M.V.S. (39 anni), titolare di un noto C.A.F. cittadino, mentre la misura cautelare reale del sequestro preventivo è stata disposta, a vario titolo, oltre che nei confronti dei tre sodali, anche nei confronti di ulteriori 157 soggetti, che beneficiavano, corrispondendo una percentuale dei rimborsi indebitamente percepiti dallo stato, dei servigi dei tre componenti l’associazione criminale. Nei confronti dei 3 sodali è stato disposto, inoltre, il sequestro di circa 170 mila euro, importo equivalente ai proventi dell’attività criminale: nelle casse dell’erario sono finiti anche 27 beni immobili (4 fabbricati e 23 terreni) e 2 autoveicoli.

L’esecuzione delle misure cautelari personali e reali in commento rappresenta, dunque, l’epilogo di articolate e complesse indagini, coordinate dal procuratore capo Bombardieri e dal procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni, dirette dal sostituto procuratore e titolare del procedimento penale, Diego Capece Minutolo, e condotte dalla compagnia territoriale reggina, durante le quali è stata preziosa la collaborazione fornita dalla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate. L’attività d’indagine, avviata dai finanzieri reggini nel corso del 2017, ha permesso di accertare l’utilizzo di false attestazioni di spese sanitarie (in realtà mai sostenute), per un totale certificato che rasenta i 10 milioni di euro, da parte di una vastissima platea di contribuenti che, utilizzando fatture per operazioni inesistenti, hanno indebitamente percepito direttamente in busta paga con la liquidazione annuale del modello 730, al netto della franchigia, un rimborso pari al 19% delle spese falsamente attestate. Le investigazioni condotte hanno consentito, infatti, di scovare un consolidato e ben collaudato sistema fraudolento in cui i contribuenti infedeli, rivolgendosi ai tre odierni arrestati, ricevevano fatture di spese sanitarie mai effettuate, per importi di tutto rilievo, in cambio della corresponsione di una parte del rimborso indebitamente percepito utilizzando i documenti fiscali artefatti nelle rispettive dichiarazioni fiscali.

L’enorme platea dei “furbetti delle fatture”, affidandosi ad appositi CC.A.F. per la redazione e l’invio dei modelli dichiarativi fiscali, tra i quali il C.A.F. di uno degli arrestati, da oltre un decennio, ha indebitamente conseguito ingenti rimborsi ai fini dell’Irpef: le prime fatture ritrovate risalgono, infatti, al lontano 2008! La genesi dell’attività d’indagine è da ricondurre a una serie di approfondimenti investigativi nei confronti di due contribuenti, i quali avevano portato in detrazione ingenti somme di denaro relative a presunte spese mediche dagli stessi sostenute. Anche attraverso l’escussione in atti dei professionisti che risultavano, a loro insaputa, emittenti delle fatture per prestazioni sanitarie portate in detrazione dai due suddetti contribuenti, tuttavia, si è giunti ad appurare la falsità delle fatture predette e la loro effettiva riconducibilità a un unico professionista, ossia E.A., consulente del lavoro, che si dilettava a creare e a compilare, dietro compenso, fatture per prestazioni sanitarie mai eseguite. Individuata, quindi, la prima matrice delle fatture, sono state successivamente eseguite una serie di perquisizioni presso i luoghi rientranti nella disponibilità del menzionato consulente del lavoro. Al termine delle attività, i finanzieri avevano scoperchiato un vero e proprio “vaso di Pandora”: sono stati sequestrati, infatti, decine di blocchetti di ricevute relative a spese mediche, liste di soggetti, biglietti manoscritti e prospetti elettronici riferite a quasi un migliaio di potenziali “clienti beneficiari” dei servigi del sodalizio criminale.

L’analisi di tutta la documentazione acquisita ha dato, infatti, risultati assolutamente sorprendenti: i blocchetti di fatture sequestrati recavano timbri riconducibili a circa 60 medici inconsapevoli e gli elenchi, i biglietti manoscritti e i prospetti elettronici altro non erano che la “contabilità” dell’associazione criminale, dove erano indicati meticolosamente tutti i contribuenti infedeli, il prezzo corrisposto ai sodali per l’emissione delle fatture false e, persino, le percentuali di riparto dell’illecito guadagno per ciascuno dei tre associati. Tra la documentazione acquisita, attiravano l’attenzione dei finanzieri, tra gli altri, dei fogli in cui il sodale E.A. aveva affinato la propria tecnica da amanuense del falso con evidente vena artistica: centinaia di timbri di professionisti del settore sanitario impressi su fogli bianchi con altrettante centinaia di “prove” di sigle dei medici, perfezionate tentativo dopo tentativo, affinché fossero più simili possibile alle sottoscrizioni autentiche. Si è poi riscontrato che i contribuenti, nella piena consapevolezza dell’attività fraudolenta, indicavano, spesso per nucleo familiare (quindi con dichiarazioni distinte di entrambi i coniugi), spese sanitarie per importi dai 10mila euro insù, per ottenere indebiti rimborsi minimi, quindi, che partivano dai 2mila euro.

Essendo emersa, chiaramente, dalla documentazione sequestrata, l’esistenza di un’associazione criminale composta, oltre che dall’individuato consulente del lavoro, ad ulteriori due soggetti, si è proceduto ad estendere le attività investigative anche nei loro confronti. In particolare, sono stati identificati, quali sodali dell’E.A., C.M.V.S., titolare di un gettonatissimo C.A.F. cittadino sito in zona Spirito Santo che, unitamente al primo, prestava la propria professionalità al fine di perfezionare il sistema fraudolento, e M.M., dipendente di una nota azienda privata con sede in Reggio Calabria (estranea ai fatti d’indagine), col ruolo di reclutatore di contribuenti compiacenti. Le perquisizioni eseguite nei confronti degli altri due sodali hanno consentito di sequestrare numerosi fascicoli relativi a clienti del consulente del lavoro e dei file riproducenti la documentazione allegata ai modelli dichiarativi fiscali presentati dai clienti in questione, diversi dei quali appartenenti alla Pubblica Amministrazione. All’esito delle varie perquisizioni effettuate sono state individuate centinaia di contribuenti compiacenti, i quali hanno complessivamente portato in detrazione, per gli anni oggetto di indagine spese mediche per quasi 10 milioni di euro, con un totale di circa 5mila fatture false recanti i dati di circa 60 inconsapevoli professionisti.

La gravità del quadro indiziario così raccolto e l’attualità della pericolosità delle condotte poste in essere dagli indagati hanno spinto i militari operanti a fornire all’Autorità Giudiziaria inquirente elementi idonei tali da far ritenere sussistente la necessità di proporre al competente Giudice per le Indagini Preliminari l’adozione di misure cautelari personali nei confronti dei 3 soggetti realizzatori del sodalizio criminale oggetto di investigazioni e l’adozione del canale delle misure cautelari reali nei confronti dell’intera platea dei soggetti attenzionati. Analizzato l’intero scenario delineatosi nel corso dell’articolata attività investigativa condotta, la Procura di Reggio Calabria, condividendo il quadro indiziario proposto dalla Polizia Giudiziaria, ha richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari l’applicazione nei confronti degli indagati delle misure cautelari proposte dal Reparto operante. Accogliendo la richiesta così formulata, il gip ha emesso un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale agli arresti domiciliari per i tre realizzatori del sodalizio criminoso messo in piedi e un contestuale decreto di sequestro preventivo per equivalente del prezzo del reato e del profitto del reato nei confronti di 160 soggetti, per un ammontare complessivo pari a circa 700mila euro, a cui è stata data prontamente esecuzione, da parte dei finanzieri reggini, con l’organizzazione di un dispositivo d’intervento efficiente e tempestivo.

In ultimo, durante l’esecuzione dei provvedimenti cautelari e delle perquisizioni presso lo studio professionale riconducibile a uno degli indagati, veniva rinvenuta e, contestualmente, sottoposta a sequestro dai militari operanti copiosa documentazione, cartacea e digitale, di altissimo valore probatorio, che sarà oggetto di ulteriori analisi da parte degli investigatori. In un’ottica di trasversalità dell’azione di servizio delle Fiamme gialle, parallelamente all’indagine in commento, previo nulla osta dell’autorità giudiziaria delegante, i militari operanti hanno, altresì, proceduto all’effettuazione di numerosissimi controlli fiscali nei confronti di tutti i soggetti indagati, all’esito dei quali sono stati contestati agli interessati tutti gli importi delle spese sanitarie indebitamente portate in detrazione in sede di presentazione dei modelli dichiarativi, con riguardo a tutte le annualità d’imposta oggetto del controllo.

Allo stato, in totale sono stati eseguiti, soltanto dalla Compagnia di Reggio Calabria, 334 controlli fiscali e sono state contestualmente inviate ad altri Reparti della Guardia di Finanza, nonché alle varie sedi dell’Agenzia delle Entrate competenti per territorio 509 segnalazioni operative. In tale azione di recupero fiscale, si è rivelata fondamentale l’esemplare sinergia istituzionale instauratasi tra il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e la Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate del capoluogo reggino. L’indubbia intesa istituzionale affinata nel corso delle attività tra i due enti, baluardi della legalità fiscale, ha consentito di esperire un’azione incisiva, mirata ed efficace volta all’accertamento e al recupero degli indebiti rimborsi percepiti dai contribuenti infedeli, per un totale di circa 2 milioni di euro. IN ALTO IL VIDEO

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