Caserta – Erano accusati di “concorso in associazione camorristica”. Ecco le condanne e le pene inflitte dalla Terza Sezione Penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta del pubblico ministero della Dda di Napoli, Luigi Landolfi. Una pena di 17 anni e 6 mesi di carcere per Nicola Bifone, 62 anni di Portico di Caserta, attualmente detenuto nel carcere di Lanciano, difeso dall’avvocato Stefano Vaiano e dall’avvocato Francesco Liguori. Una pena di 11 anni e 6 mesi di carcere per Antonio D’Amico, 60 anni, imprenditore di Macerata Campania, difeso dall’avvocato Mario Griffo; una pena di 8 anni di carcere per Giuseppe Stabile, 56 anni, ex avvocato aversano, attualmente detenuto nel carcere di Sassari e difeso dall’avvocato Alessandro Maresca. Complessivamente gli imputati hanno incassato una pena globale di ben 37 anni di carcere, oltre alle pene accessorie di interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Unica e sola, invece, la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale: è stato assolto con la formula “per non aver commesso il fatto” l’ex vicesindaco di Portico di Caserta, Pietro Vaiano, 62 anni, difeso dagli avvocati Raffaele e Gaetano Crisileo, la cui tesi difensiva è stata interamente sposata dal Collegio del Tribunale su conforme richiesta in sede di requisitoria dal pm Landolfi. Presente in aula al momento della lettura del dispositivo il pm antimafia Maurizio Giordano. Pietro Vaiano è stato l’unico ad incassare una sentenza di assoluzione piena e cosi uscire indenne dalla macchina giudiziaria che ha emesso dure pene di condanna al carcere nei confronti dei coimputati. Pesante il capo di accusa a carico di Nicola Bifone, Antonio D’Amico e Giuseppe Stabile, accusati di aver partecipato stabilmente – in concorso con i coimputati che sono stati giudicati separatamente (con rito abbreviato) Antonio Bifone, Giuseppina Di Caprio, Silvana Di Caprio – all’associazione camorristica denominata “clan Bifone”.
Un’associazione inserita a largo raggio nel clan Belforte che era operante a Macerata Campania e Portico di Caserta e finalizzata al controllo delle attività economiche, al rilascio delle concessioni, alle acquisizioni di appalti, al condizionamento delle attività delle amministrazioni pubbliche, al reinvestimento speculativo in attività imprenditoriali, immobiliari, alle affermazioni del controllo egemonico sul territorio realizzata anche attraverso la contrapposizione armata con organizzazioni criminose rivali e la repressione violenta dei contrasti interno ed infine il conseguimento per sé e per gli altri affiliati di profitti e vantaggi ingiusti, in particolar modo attraverso la capillare imposizione del pizzo in special modo nella costruzione della zona industriale di Portico di Caserta da parte di Antonio D’Amico. Il tutto con l’ulteriore aggravante derivante dalla caratteristica armata dell’associazione criminale in quanto gli affiliati avevano diretta disponibilità di armi per il diretto conseguimento dei fini dello stesso clan. Il processo, che è terminato, era una costola di quello a carico di Bifone Antonio, capo storico dell’omonimo clan camorristico.