I finanzieri del comando provinciale di Chieti, insieme ai colleghi delle province di Pescara, Teramo, Macerata, Ascoli e Padova, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare disposta dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Chieti su richiesta della procura della Repubblica, nei confronti di 4 persone residenti in Abruzzo e nelle Marche, indagate a vario titolo per corruzione, falso, turbativa d’asta e omicidio colposo per una maxi frode sulla spesa sanitaria. Si tratta di due imprenditori che operano nella distribuzione di apparati medicali, un agente di commercio e del primario della Cardiochirurgia dell’ospedale di Chieti, il professor Gabriele Di Giammarco, già interdetto nell’ambito di un’altra inchiesta. Ad altri due medici è stata notificata la misura interdittiva della sospensione temporanea per 12 mesi dalla professione sanitaria. Si è anche proceduto anche alle perquisizioni domiciliari e personali nei confronti di tutti gli indagati.
Le complesse attività investigative, durate circa un anno, riguardano presunte condotte illecite nelle procedure di approvvigionamento di materiali e dispositivi medici utilizzati all’interno dell’unità operativa complessa di Cardiochirurgia dell’ospedale “Santissima Annunziata” di Chieti. Le indagini hanno accertato “il consumo anomalo e spropositato di protesi cardiache e di altri dispositivi medici che venivano approvvigionati dall’Asl 2 Chieti al di fuori di qualsiasi procedura di evidenza pubblica, a prezzi più elevati rispetto ad altre aziende sanitarie e che sovente venivano lasciati inutilizzati, lasciati scadere o sperperati di proposito, per fare lievitare il volume degli acquisti dell’Asl e dunque i guadagni delle imprese fornitrici”.
Le indagini sono state condotte anche attraverso l’utilizzo di intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video. Secondo quanto ricostruito, dal 2011, nel reparto ci sarebbe stato quello che viene definitivo “un articolato fenomeno di corruzione sistemica posto in essere dal primario di quel reparto”, attraverso la predisposizione di richieste di acquisto di protesi cardiache attestandone la necessità e l’urgenza mediante quelle che vengono ritenute false dichiarazioni di infungibilità del prodotto, così inducendo l’azienda sanitaria al loro costante approvvigionamento mediante procedura negoziata (fuori bando di gara) e in conto deposito nell’arco di diversi anni. Pratica che, spiegano gli investigatori, “è stata ulteriormente favorita dall’inerzia della governance dell’Asl 2 Chieti che, per circa 10 anni (dal 2009 al 2019), non ha mai espletato alcun bando di gara pubblica per l’acquisto di materiali e dispositivi medici per le necessità dell’unità operativa complessa di Cardiochirurgia”. Nel 2019 è stata predisposta e autorizzata la procedura per l’espletamento di una gara pubblica del valore di oltre 3 milioni di euro, nel corso della quale, secondo quanto ricostruito dalle indagini, ci sarebbero state condotte illecite da parte dello stesso primario, “volte a influenzare la scelta dei contraenti mediante indebite pressioni nei confronti delle persone incaricate di redigere il capitolato tecnico della gara con il precipuo fine di favorire alcune ditte”.
Le Fiamme gialle hanno documentato gli stretti rapporti di conoscenza e amicizia, con numerose frequentazioni, tra il primario del reparto e alcuni imprenditori che distribuiscono, per conto di note società multinazionali, le protesi e i dispositivi medici che venivano acquistati con procedura negoziata e che, secondo le accuse, “erano utilizzati in misura deliberatamente sproporzionata rispetto alle reali esigenze”. Nel corso delle indagini, i militari hanno chiesto il contributo dell’attuale direttore generale della Asl, che ha consentito una complessa disamina contabile-amministrativa. Secondo quanto emerso, le protesi cardiache oggetto d’indagine sono risultate il dispositivo più utilizzati negli anni tra il 2012 e il 2019 e anche quelle più onerose per l’azienda pubblica per un importo complessivo di oltre 1 milione e mezzo di euro, pur essendo presenti sul mercato analoghe tipologie di valvole a costi inferiori e inserite all’interno del preesistente bando di gara del 2009. La modalità di approvvigionamento di queste protesi erano talmente consolidate nel tempo che per gli ordini di acquisto si faceva sempre rinvio ad una delibera del direttore generale, risalente al 2011, che eludeva tutte le procedure a evidenza pubblica attraverso l’attestazione, risultata falsa dagli investigatori, che si trattasse di un prodotto necessario e infungibile, a suo tempo redatta dal primario colpito dalla misura cautelare.
Secondo quanto emerso, l’imprenditore avrebbe fornito al primario mobili per il suo studio personale all’interno del policlinico per un valore di 27 mila euro, oltre a regali come viaggi e soggiorni all’estero e cene. Proprio per queste concessioni viene contestate la corruzione. Al primario vengono contestati gli stretti rapporti anche con un altro imprenditore che opera nel settore della distribuzione di materiali e apparati medici. I due si incontravano fuori dall’ospedale, in ristoranti o durante viaggi all’estero. Secondo quanto ricostruito, il valore delle forniture alla Cardiochirurgia di Chieti, negli anni compresi tra il 2017 e il 2019, ammonta a oltre 1 milione di euro. In questo caso, l’imprenditore avrebbe provveduto all’acquisto e alla posa in opera del parquet nel suo studio e l’allestimento del bagno, per un valore complessivo di 14 mila euro, oltre a diversi viaggi e soggiorni a Cuba e al pagamento di numerosi incontri conviviali in rinomati ristoranti della riviera adriatica. I contatti tra il primario e quest’ultimo imprenditore avvenivano anche attraverso un agente di commercio della predetta società, a cui si contesta di aver favorito “ulteriori indebite dazioni di utilità varie, quali ad esempio i pagamenti relativi alla riparazione ed al posteggio della barca di proprietà del primario”.
Un ulteriore filone investigativo che vede coinvolto il primario del reparto di cardiochirurgia attiene all’acquisto, con procedura d’urgenza, per una spesa di circa 95mila euro, di una nuova macchina per assistenza ventricolare denominata “Heart Mate 3”, sebbene il reparto disponesse di altre due apparati similari. Un acquisto giustificato dalla necessità e urgenza di un intervento su un paziente il cui quadro clinico sarebbe stato talmente compromesso da non potersi prevedere altra soluzione terapeutica. Il paziente è poi deceduto alcuni giorni dopo l’intervento. In realtà, secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini e sulla base anche di una consulenza tecnica disposta dalla procura di Chieti, il paziente non solo non era in condizioni di gravità tali da dover essere sottoposto a simile intervento, ma risultava piuttosto candidabile ad una operazione di trapianto in un centro specializzato.
Ma le indagini hanno messo in luce che l’acquisto del macchinario, che sarebbe stato disposto in assenza di una obbligatoria valutazione del comitato etico-scientifico e inducendo in errore il direttore generale facente funzioni pro-tempore dell’Asl, sarebbe stata fortemente voluta dal primario per consentire a uno dei due imprenditori di avviare un “nuovo esclusivo canale” di distribuzione dello specifico apparato nella zona. A questo proposito, sono stati accertati e documentati contatti tra il primario, il direttore commerciale della azienda produttrice della macchina, un cardiochirurgo dell’ospedale di Padova e l’imprenditore finalizzati proprio a favorire quest’ultimo per l’apertura di un nuovo canale commerciale per la distribuzione degli “Heart Mate 3”.
L’attività di indagine diretta dalla Procura di Chieti ha così permesso di rilevare gravi distorsioni nelle procedure di acquisto dei materiali e degli apparati medicali per le attività dell’unità di Cardiochirurgia dell’ospedale di Chieti, frutto di quello che viene ritenuto “un patto corruttivo consolidato nel tempo e che consentiva a tutti i soggetti coinvolti di trarne illeciti vantaggi a spese della collettività ed in danno del sistema sanitario nazionale, che è finanziato, lo si ricorda, attraverso la contribuzione fiscale”. In particolare, e specialmente in considerazione dell’emergenza epidemiologica in corso, rimane sempre alta l’attenzione della Guardia di Finanza nel colpire le frodi nel settore sanitario che incidono fortemente sulla capacità dello Stato di garantire piena tutela e il diritto alla salute dei cittadini. IN ALTO IL VIDEO