Aversa (Caserta) – Stop al servizio di refezione scolastica se non viene garantito l’utilizzo di porzioni “usa e getta”. Lo chiedono i rappresentanti dei genitori della scuola “Cimarosa” in una mail inviata al sindaco di Aversa, all’Unità operativa di Aversa e al Dipartimento di prevenzione dell’Asl Caserta. Alla ripresa in presenza delle attività didattiche, infatti, i genitori hanno riscontrato che l’erogazione del servizio mensa nell’istituto avviene a mezzo scodellamento e non tramite contenitori monouso. L’acqua, inoltre, viene distribuita in brocche e non in bottigline monouso. – continua sotto –
Una situazione che preoccupa i genitori poiché, scrivono “il rischio di contagio da Covid-19 aumenterebbe, sicuramente, in occasione dello svolgimento delle attività di mensa scolastica, a causa dell’assembramento determinato dalla contemporanea presenza di circa 60 alunni per ogni turno, oltre che del personale della ditta di refezione scolastica, docenti e collaboratori scolastici. Verrebbero, di fatto, a crearsi quelle stesse condizioni che si vogliono evitare, tenendo chiuse le attività esercenti il servizio di ristorazione. Non v’è dubbio alcuno, infatti, che si verificherebbe quel ‘contatto stretto’, che le norme di prevenzione, emanate da Stato e Regione, vuole impedire”. – continua sotto –
“Com’è noto – continuano i genitori nella lettera – la permanenza in uno spazio chiuso, per più di 15 minuti, con una persona affetta da Covid, soprattutto se la distanza fra gli stessi (anche con mascherina protettiva) è inferiore a due metri, determina, proprio, quel ‘contatto stretto’, con rischio, grave e concreto, di contagio. Nello specifico, i bambini, per consumare il pranzo, dovranno soggiornare, nella sala mensa, senza mascherina per almeno 45 minuti. Per ridurre le elevate probabilità di contagio in tali condizioni di promiscuità, tra bambini di età non superiore ai dieci anni, le finestre dovrebbero restare costantemente aperte, ma il clima invernale, attualmente, non lo consente e le sale non sono sufficientemente areate. Tutto ciò, senza considerare le difficoltà di organizzazione della sanificazione continua delle stesse e l’impossibilità di evitare il contatto tra bambini ed oggetti in senso assoluto, così come quello delle mani con la bocca/occhi/naso”. – continua sotto –
I genitori chiedono, quindi, alle autorità, ciascuna per le proprie competenze, di assumersi “la responsabilità di impedire di concorrere all’aumento del rischio di mettere in pericolo la salute anche solo di uno studente che si infetterà e che potrà contagiare la famiglia. Per contro, l’interruzione del solo servizio di mensa non solo non pregiudicherebbe la normale ripresa dell’attività didattica in presenza ma contribuirebbe, nel contempo, a limitare le occasioni di contagio, garantendo quelle condizioni per tenere aperte, quanto più possibile, le scuole stesse”. – continua sotto –
Il mancato utilizzo di porzioni monouso ha suscitato preoccupazioni anche in altri istituti aversani. Ieri abbiamo parlato della situazione alla “Linguiti” dove la dirigente ha chiesto al Comune la fornitura di cibo monoporzione, senza ottenere risposta, e ritenuto che sarebbe stato necessario non imporre l’inizio dell’attività di mensa fin dal primo giorno di ripresa delle attività didattiche ma dare quel lasso di tempo necessario per organizzare un servizio “anti Covid”.