Potenza, il clan gestiva il bar del tribunale: arresti e sequestri

di Redazione

Vasta operazione della polizia di Stato, denominata “Iceberg”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Potenza, per disarticolare un’associazione criminale di stampo mafioso radicata nel comune di Pignola, in provincia di Potenza, i cui appartenenti si trovano anche fuori dalla Basilicata.

Complessivamente sono state eseguite 17 ordinanze cautelari personali e due provvedimenti di sequestro preventivo delle quote e del complesso aziendale di due società, una delle quali gestisce il bar all’interno del tribunale del capoluogo lucano. Inoltre, con l’ausilio di unità cinofile si stanno effettuando varie perquisizioni. Per lo svolgimento delle attività di arresto, perquisizione e sequestro, il servizio centrale operativo della Polizia ha disposto l’invio a Potenza di equipaggi delle squadre mobili di Matera, Avellino, Cosenza e Salerno che, con l’ausilio di personale della squadra mobile di Napoli, Bologna ed Ascoli Piceno, procederanno alle attività di polizia giudiziaria anche in Campania, Lazio ed Emilia Romagna. In totale sono stati impiegati circa 150 agenti tra personale della questura di Potenza, dei reparti prevenzione crimine Basilicata, Puglia, Campania e Calabria nonché operatori specializzati della polizia scientifica Gabinetto Interregionale Puglia-Basilicata. – continua sotto – 

Secondo la Procura, il “clan mafioso dei Riviezzi di Pignola” opera “di fatto su tutta la provincia di Potenza”, in collaborazione con almeno un clan melfitano ma anche con gruppi criminali calabresi (grazie a “particolari appoggi e considerazione”) e campani, “con proiezioni, nel settore degli stupefacenti, anche all’estero”. Due anni di indagini hanno portato alla luce “la sua endemica compenetrazione nel tessuto istituzionale ed imprenditoriale del Potentino”. La gestione del bar del palazzo di giustizia di Potenza era – fino al sequestro, disposto dal gip distrettuale contestualmente a undici arresti in carcere (anche per il presunto capoclan, Saverio Riviezzi), tre ai domiciliari e tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria – una specie di fiori all’occhiello. Gestione non diretta ma attraverso prestanome, che “schermavano soggetti appartenenti o comunque contigui al sodalizio”. Nel 2018, un affiliato era riuscito a “convincere” il rappresentante di una società che voleva gestire il bar a “recedere dal ricorso al Tar” contro l’aggiudicazione. – continua sotto – 

Quando l’uomo fu arrestato, due mesi dopo – insieme al capoclan e ad altri affiliati – nel bar si verificarono “scene di pianto e commozione”, registrate dalle telecamere installate dagli investigatori. Le indagini hanno portato anche a far luce su un particolare del delitto di Giancarlo Tetta, ucciso con otto colpi di pistola nel 2008 (il cadavere fu poi bruciato). Il capoclan e un affiliato fornirono l’auto ai sicari di Tetta: era stata rubata a Potenza il giorno prima dell’omicidio. L’inchiesta ha chiarito anche una tentata rapina e un furto (bottino: 235 mila euro) in due uffici postali di Potenza, avvenuti nel 2017 e nel 2018, oltre alla “particolare forza intimidatoria che il clan Riviezzi è in grado di esprimere e di cui risulta di essersi avvalso – ha spiegato la Direzione distrettuale antimafia – in occasione di varie condotte estorsive in danno di imprenditori e commercianti, perpetrate dai suoi affiliati in un arco di tempo che va dal 2013 in poi e fino ad epoca recente”. IN ALTO IL VIDEO

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