Aversa (Caserta) – Il rumore martellante delle stoviglie battute contro le inferriate alle finestre è ripreso ieri mattina dopo essersi fermato nella serata di lunedì. I detenuti della casa di reclusione di Aversa stanno inscenando una protesta per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e, soprattutto, della direzione del carcere, su alcune questioni. Dalla casa di reclusione, diretta da Stella Scialpi da poco più di due anni, proveniente dal carcere femminile di Pozzuoli, con l’ausilio del comandante della Polizia penitenziaria, Francesco Serpico, non trapelano notizie. – continua sotto –
La dirigenza ha posto un «no comment» alle richieste di notizie. Dal muro di silenzio eretto, però, trapela che la protesta è dovuta alla qualità del vitto e alla mancanza di colloqui visivi con i familiari, causa Covid-19. In alternativa, ai detenuti vengono concessi colloqui con vetri plexiglass, nonché autorizzati ad effettuare videochiamate secondo quelle che sarebbero le disposizioni impartite dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria in questo particolare momento contrassegnato dalla pandemia da coronavirus. – continua sotto –
Una protesta che sembra aver raggiunto il proprio obiettivo perché gli aversani, almeno quelli che vivono nei pressi del carcere e quelli che transitano in zona (ad Aversa la casa di reclusione è in pieno centro cittadino, una assurdità se si pensa che è stata istituita nel 2016), hanno notato quanto stava avvenendo e la circostanza è divenuta una delle più dibattute sui social dove sono in molti a chiedersi cosa sta avvenendo dietro quelle mura che hanno ospitato sino a qualche anno fa quello che fu il primo ospedale psichiatrico giudiziario. Un luogo salito più volte alla ribalta della cronaca per come venivano trattati i criminali malati di mente. Episodi che hanno contribuito non poco alla chiusura di questo tipo di manicomi dove non vi era, di fatto, il fine pena. – continua sotto –
Quello di Aversa, infatti, fu il primo manicomio giudiziario a sorgere in Italia e venne ospitato in quella che era l’antica struttura conventuale di San Francesco da Paola. Nel 1876, il Direttore Generale degli Istituti di prevenzione e pena, Martino Beltrani Scalia, con un semplice atto amministrativo, inaugurò la Sezione per ‘maniaci’. Nel 1907 la direzione del manicomio di Aversa passò all’alienista Filippo Saporito, scienziato aversano al quale fu, poi, intitolata la struttura, mentre il nucleo iniziale dell’istituto andava ampliandosi inglobando alcuni edifici circostanti poi divenuto, nel 1975, Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Dal 2012, anno in cui la legge ha stabilito l’eliminazione di queste strutture, è stato progressivamente dismesso e da agosto 2016 ufficialmente riconvertito in Casa di Reclusione. – continua sotto –
Attualmente vi sono ospitati circa 140 detenuti che devono trascorrere pene leggere e che di giorno, in buona parte, escono per lavorare. E’ del marzo scorso, infatti, la notizia di un progetto a livello regionale, con la partecipazione del garante campano dei detenuti Samuele Ciambriello, per promuovere, finanziando con i soldi delle Regione Campania, dei progetti di pubblica utilità sia per far uscire un gruppo di detenuti dal carcere al lavoro presso il Comune di Aversa sia per riordinare l’archivio dell’ex ospedale psichiatrico giudiziario così da essere fruibile anche all’esterno. I progetti, non ancora partiti, saranno su più fronti con attività sul territorio del Comune di Aversa, come la cura del verde (aiuole, parchi), arredo urbano, manutenzione della segnaletica stradale. Il Comune prevede l’utilizzo di circa 50 detenuti mentre all’interno del carcere l’altro progetto, il riordino dell’archivio di quello che fu il discusso manicomio criminale, vedrà coinvolti 5 internati, sempre all’interno del carcere un progetto vedrà coinvolti detenuti per l’utilizzo e la valorizzazione del tenimento agricolo nel carcere.