Traffico di rifiuti in Cina, il ruolo del PolieCo nella scoperta degli impianti fantasma

di Redazione

“Organizzazioni criminali e crimini ambientali: le nuove frontiere del traffico dei rifiuti”. Nella relazione tenuta nell’ambito del seminario su cooperazione giudiziaria in materia ambientale, promosso dalla Ejtn, la rete europea di formazione giudiziaria nonché principale piattaforma di formazione e scambio di conoscenze della magistratura europea, il procuratore della Repubblica di Trani Renato Nitti ha sottolineato il ruolo svolto nell’individuazione del traffico dei rifiuti dall’Italia verso la Cina, dal consorzio Polieco. L’attenzione è stata rivolta all’attività consortile avviata già prima del 2019, anno in cui c’è stato un primo esito positivo alla richiesta di rogatoria presentata da Nitti, allora pm alla Dda di Bari, sulla spedizione transfrontaliera dei rifiuti. – continua sotto – 

Il procuratore Nitti (nella foto, durante un intervento al forum Polieco), sottolineando la difficoltà di conoscere l’effettiva esistenza degli impianti cinesi, ha focalizzato l’attenzione sul traffico dei rifiuti plastici, di particolare interesse “per l’evoluzione che li riguarda e per le varie strategie investigative messe in atto, ma soprattutto – ha precisato – per l’ipocrisia di fondo: sebbene sia opinione comune che la maggior parte della plastica finisca nella piattaforma di riciclo che si trova vicino casa, la realtà è ben lontana”. Nitti ha spiegato come le plastiche siano diventate materia prima per la crescente capacità industriale della Cina, suscitando poi gravi preoccupazioni sulla salute dell’ambiente. “Nel 2013, il governo cinese ha implementato l’operazione Green Fence – ha ricostruito Nitti – un primo tentativo temporaneo volto a ridurre la quantità di materiali riciclabili contaminati tra i rifiuti importati”. – continua sotto – 

Il procuratore ha sottolineato come per un lungo periodo sia stata ignorata la modalità con cui i rifiuti europei inviati in Cina venivano recuperati, anche per una oggettiva difficoltà nel reperire le informazioni. “Non era facile sapere se gli impianti di destinazione esistessero nei fatti e non solo sulla carta e in Italia questo risultato – ha affermato Nitti – è stato raggiunto grazie ad un consorzio, Polieco, che ha deciso di inviare il suo direttore in Cina per svolgere indagini private, confermando così i sospetti: in corrispondenza degli indirizzi indicati per le sedi di destinazione, non c’erano gli impianti o, se c’erano, non erano in grado di garantire una gestione ecologicamente corretta”. – continua sotto – 

Migliaia di chilometri in Cina, sulla scia dei flussi dei rifiuti che sfuggivano alla tracciabilità e ai sistemi legali di smaltimento, sono stati percorsi dalla direttrice Polieco, Claudia Salvestrini (nella foto): “Solo andando nei posti e verificando di persona, siamo riusciti come Consorzio – commenta la direttrice – a risalire a un fenomeno dalle dimensioni estremamente preoccupanti e che purtroppo, oggi, ha solo cambiato Paesi di destinazione senza mai arrestarsi, con un conseguente danno per la salute, l’ambiente e l’economia legale”.

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