Il quotidiano “Domani” ha pubblicato un video che mostra le violenze compiute nell’aprile del 2020 dagli agenti di polizia nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, per le quali lunedì i carabinieri di Caserta hanno eseguito 52 misure cautelari nei confronti di agenti della polizia penitenziaria e dirigenti carcerari coinvolti (leggi qui). – continua sotto –
I fatti risalgono al 6 aprile del 2020, quando nel “reparto Nilo” del carcere ci fu una rivolta dei detenuti in seguito alla notizia di un caso di positività al coronavirus nella struttura. La rivolta terminò quella notte stessa, ma il giorno successivo secondo la Procura alcuni agenti misero in atto perquisizioni punitive e ritorsioni. Nelle immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza, ottenute e pubblicate da Domani, si vedono i detenuti che vengono picchiati con il manganello nelle gambe e sulla schiena, e poi presi a calci, schiaffi e testate, alcuni dei quali mentre sono costretti a inginocchiarsi. – continua sotto –
Le accuse per le persone coinvolte dalle misure cautelari sono a vario titolo di torture pluriaggravate, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistaggio. Tra di loro ci sono Gaetano Manganelli, ex comandante del carcere, Pasquale Colucci, comandante del nucleo traduzioni e piantonamenti, entrambi ai domiciliari, e Antonio Fullone, provveditore delle carceri della Campania, per il quale è stata disposta l’interdizione dalle proprie funzioni. – continua sotto –
I violenti pestaggi e le torture, a danno di reclusi nella Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere ‘Francesco Uccella’, sarebbero avvenuti a seguito delle proteste del 2020 da parte di oltre 150 carcerati dopo la notizia di un caso di positività al Covid-19 tra le mura dell’istituto carcerario. Inoltre, tra le persone recluse, vi era molta scontentezza per l’interruzione dei colloqui con i familiari a causa delle restrizioni anti Coronavirus. Almeno 150 detenuti si barricarono in cella e diedero vita ad azioni di protesta. Dopo la promessa che sarebbero stati effettuati i test anti contagio, la rivolta rientrò. Nelle ore e nei giorni successivi però, secondo l’ipotesi della Procura, che ha affidato le indagini ai Carabinieri della Compagnia di Santa Maria Capua Vetere, gli agenti penitenziari misero in atto perquisizioni punitive e ritorsioni contro i detenuti. Il 6 aprile 2020 entrarono in azione 283 agenti di Polizia Penitenziaria facendo passare come “perquisizioni”, per quanto ricostruito dalla Procura, il pestaggio pianificato di 292 detenuti nel ‘Reparto Nilo’. – continua sotto –
La denuncia agli inquirenti dei gravi fatti accaduti nel carcere e dei violenti pestaggi fu presentata dal Garante dei Detenuti della Campania, Samuele Ciambriello, e dall’associazione Antigone, sulla base delle segnalazioni arrivate da detenuti e familiari al Garante e all’Associazione Antigone dove si denunciava quello che sembrò essere una vera e propria rappresaglia contro i reclusi che avevano partecipato alle proteste. Alla denuncia sono stati allegati file audio e fotografie. Negli undici mesi di indagini della Procura di Santa Maria Capua Vetere, sono state ascoltate intercettazioni, analizzate le immagini della videosorveglianza interna, raccolte almeno 70 testimonianze di detenuti vittime di pestaggi, inclusa quella di un detenuto che si trovava in sedia a rotelle, che è stato colpito alle spalle come risulta dalle immagini del video delle telecamere del carcere Casertano. – continua sotto –
Esposto del Sappe all’Ordine dei Giornalisti – Nel frattempo un esposto al Garante della Privacy ed all’Ordine dei Giornalisti sarà presentato dal Sappe, il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, per denunciare quello che il sindacato definisce “l’inaccettabile la gogna mediatica per gli indagati a Santa Maria Capua Vetere”. “Non capisco e non comprendo perché le tanto invocate esigenze di garanzia, tutela e riservatezza che spesso vengono richiamate per coloro i quali, in un procedimento penale, assumono la veste di indagati non debba valere anche per il personale penitenziario e di Polizia coinvolto nelle presunte violenze nell’Istituto di Santa Maria Capua Vetere – sottolinea il segretario del Sappe, Donato Capece – ieri ed oggi abbiamo assistito alla pubblicazione, in prima pagina, di alcuni quotidiani delle fotografie di decine e decine di loro, con tanto di diffusione di dati sensibili come nome cognome data di nascita e sede di servizio, come forse mai è accaduto nel raccontare un fatto di cronaca. Un fatto grave, che rischia di mettere in serio pericolo le persone coinvolte che allo stato sono, è utile ricordarlo, indagati”.