Casaluce (Caserta) – A Pasqua di quest’anno Francesco Di Somma, vigile del fuoco napoletano in servizio ad Aversa, in provincia di Caserta, l’aveva salvata dopo che era finita in un pozzo. Ora è lei, Carla Cappaverde, 21 anni compiuti lo scorso 13 ottobre, casertana di Casaluce, ad attivarsi per cercare di aiutarlo nella lotta che il “casco rosso” ha intrapreso contro una rara malattia che gli hanno diagnosticato qualche giorno fa, la emoglubinuria parassostica notturna. – continua sotto –
Una storia di solidarietà reciproca, di quelle che fanno respirare il clima natalizio oramai alle porte. La ragazza, giovane studentessa di Ingegneria, indirizzo Chimico, dell’università “Federico II” di Napoli, non ha avuto alcun dubbio nell’aderire all’appello di Yari, fratello del vigile del fuoco, che chiedeva di donare sangue e di recarsi al più presto al Cardarelli di Napoli. «E’ la prima cosa che abbiamo fatto. Io e tutta la mia famiglia – ha dichiarato la giovane casalucese – ci siamo recati in ospedale E’ il minimo che tutti noi possiamo fare rispetto a quello che lui ha fatto per me, per tutti noi».
Ma cosa ha fatto veramente Francesco Di Somma? Carla non lo ha dimenticato e dopo otto mesi esatti lo ripete come se fosse avvenuto qualche minuto prima, con dovizia di particolari, segno che l’episodio l’ha segnata. «Era il giorno di Pasqua, il 4 aprile scorso, – ci racconta – avevo i miei nonni materni che abitano poco lontano da me ai quali dovevo portare il pranzo di Pasqua. I miei nonni sono anziani, il nonno all’epoca era a letto malato, ho portato il pranzo e stavo andando via. Mio nonno ha chiesto alla moglie di andare al piano di sotto a prendere delle cose. Per non far scendere mia nonna, mi sono offerta io. Tra piano giorno e piano notte c’è un cortile con un pozzo artesiano di una ventina di metri di profondità che non veniva utilizzato da tempo, tanto che io non ne conoscevo l’esistenza. L’imboccatura era coperta da una grata e da un tappeto. Quando, inavvertitamente, ci sono passata sopra, la grata ha ceduto ed io sono caduta giù di colpo. Il pozzo è dismesso da anni, ma c’era dell’acqua, un paio di metri, che ha attutito la caduta. Sono stati chiamati i vigili del fuoco, lui, Francesco, si è calato con l’imbracatura, mi ha aiutato ad imbracarmi a mia volta e siamo risaliti insieme issati con delle corde. Sono stata ricoverata due giorni per accertamenti presso l’ospedale Moscati di Aversa, ma ero illesa». «In famiglia – continua Carla – dicono che nella disgrazia siamo stati fortunati perché a cadere nel pozzo poteva essere mia nonna e non sarebbe stata fortunata come me che sono stata brava a gestire la situazione anche grazie alla mia giovane età e credo che abbiano ragione».
Cosa ricorda di quei minuti vissuti nel pozzo? «Ricordo che mi sentivo in colpa, non avevo paura, ero certa che con i mezzi che ci sono ora ce l’avrebbero fatta a portarmi fuori. Al momento non ci ho pensato, ma, con il passare dei giorni, mi sono sentita fortunata. Avevo sentito parlare della vicenda di Alfredino Rampi, del ragazzino che, dopo giorni e giorni di tentativi, non erano riusciti a tirare fuori da un pozzo e, ripeto, mi sono sentita fortunata di aver incrociato Francesco sul mio cammino. Quando ho capito che doveva calarsi nel pozzo gli ho chiesto scusa per il fastidio che stavo dando proprio nel giorno di Pasqua e lui, per sdrammatizzare, mi ha risposto: sto venendo a prenderti per i capelli». – continua sotto –
Insomma, Francesco è stato il suo salvatore. Dopo quel giorno, dopo il suo salvataggio lo ha più sentito? «Quando sono stata dimessa dall’ospedale, nello stesso giorno, insieme alla mia famiglia, sono andata a trovare i vigili del fuoco in caserma ad Aversa, avevo desiderio di vederli, di parlare con loro. Soprattutto con Francesco, per far capire loro quanto ero riconoscente. Ci siamo scambiati le impressioni su quanto accaduto. Successivamente, io e Francesco siamo rimasti in contatto soprattutto tramite i social. Qualche giorno fa ho saputo direttamente da lui di questa sua necessità dopo essergli stata diagnosticata questa rarissima malattia. Mi sono sentita spiazzata, ho avuto un brivido come se la notizia fosse riferita ad un familiare. Immagino come si senta in questa situazione. Ha una famiglia e due figli piccoli e credo che non stia vivendo un bel momento, per questo abbiamo deciso di attivarci per far sentire concretamente la nostra solidarietà».
Solidarietà che ci sarebbe stata anche se Francesco non fosse stato l’autore del suo salvataggio? «Per il carattere che ho sono certa che mi sarei resa in ogni caso disponibile. Cerco di immedesimarmi, di essere vicino agli altri. Ho fatto scoutismo e ho aiutato al campo estivo in parrocchia, la mia formazione va in questo senso».