Nessun episodio di corruzione per l’appalto di riqualificazione della rete fognaria di Lusciano. Lo ha stabilito anche la Corte di Appello di Napoli, confermando la sentenza, emessa il 1 marzo 2021, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, Maria Gabriella Iagulli, che dichiarò il non luogo a procedere nei confronti di alcuni indagati, tra i quali l’attuale sindaco di Lusciano, Nicola Esposito, e gli imprenditori Nicchiniello, coinvolti in un’inchiesta per corruzione e falso ideologico in atti pubblici che nel dicembre 2019 culminò con l’arresto del sindaco di Villa Literno, Nicola Tamburrino, degli imprenditori Nicchiniello e dell’ex responsabile tecnico del comune liternese, Giuseppe D’Ausilio. Anche per Esposito fu chiesto l’arresto ma il gip respinse l’istanza degli investigatori. – continua sotto –
L’indagine riguardava, per Villa Literno, un permesso a costruire per la realizzazione di un centro turistico in via delle Dune, mentre per Lusciano si trattava di un appalto, finanziato con fondi europei dalla Regione Campania, di adeguamento e completamento della rete fognaria. In quest’ultimo caso venivano contestati i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsi ideologici e falso materiale, turbative d’asta e frodi in pubbliche forniture, attribuiti a carico di amministratori, tecnici e degli imprenditori attinti dalla misura cautelare.
Insieme ad Esposito, difeso dall’avvocato Felice Belluomo, furono accusati di corruzione l’ex assessore luscianese Nicola Grimaldi, Anastasia Russo, Nicola Costanzo, Eduardo Cotugno, Gioacchino Gabriele, Antonio Buonanno, Ettore Bruno, Pasquale Migliaccio, Luigi Santagata, Franco e Salvatore Nicchiniello; mentre per la vicenda liternese risultavano anche il sindaco Tamburrino, il tecnico D’Ausilio e Amalia Pedana, beneficiaria del permesso a costruire.
Poi, poco più di un anno dopo, la sentenza del gip che eliminò per tutti gli indagati lo specifico reato ascritto, appunto la corruzione, specificando: «Le articolate indagini hanno provato esclusivamente che: i soggetti pubblici avevano interesse (per motivi economici e di ricaduta elettorale) a realizzare l’opera pubblica di cui da anni (il progetto “attualizzato” risale all’anno 2002) il Comune di Lusciano aveva bisogno; la società che si era aggiudicata l’appalto, pur di garantirsi i vantaggi economici connessi all’ultimazione delle opere e la fiducia dell’Ente pubblico appaltante, era pronta ad affrontare, commettendo “frodi in pubbliche forniture” e “falsi”, tutte le difficoltà connesse alla realizzazione di un progetto obsoleto e di impossibile attuazione nel rispetto delle regole tecniche e normative. Neanche può dirsi che gli elementi finora acquisiti possano avere una possibilità di sviluppo dibattimentale. Non si tratta, infatti, di acquisire ulteriori elementi, ma di impossibilità di sostenere in giudizio l’accusa per un delitto del quale mancano completamente gli elementi costitutivi. Manca l’accordo, manca soprattutto il prezzo. Tali elementi non possono essere dimostrati in dibattimento, né è vero che, non contestando la corruzione, i fatti aventi rilievo penale finiscono col rimanere impuniti. Le condotte aventi rilievo penale sono state opportunamente contestate agli imputati nelle varie incolpazioni per falso, turbativa d’asta e frode in pubbliche forniture e li si esaurisce il loro disvalore penale».