Il 72esimo giorno di guerra si apre con i russi che continuano ad attaccare le città ucraine. Per la prima volta in maniera chiara e netta, Zelensky apre alla pace con la Russia “se le forze di Mosca si ritireranno “sulle posizioni del 23 febbraio”, dunque senza che venga restituita la Crimea all’Ucraina. Ma il presidente ucraino insiste sulla condizione principale: la Russia deve ritirare prima le truppe dal Paese. – continua sotto –
“Da parte nostra non tutti i ponti diplomatici sono stati bruciati”, ha detto Zelensky intervenendo in video alla Chatham House, think tank britannico con sede a Londra, e lasciando intendere che almeno per ora Kiev non pretenderebbe la restituzione della Crimea, annessa dai russi nel 2014, evitando di avanzare richieste pure su quella parte del Donbass fra Donetsk e Lugansk sottratta a sua volta al controllo di Kiev dal 2014.
Ma sulla condizione di ritirare le truppe dall’Ucraina, sembra che la Russia non voglia saperne, almeno per quanto riguarda il Donbass, stando a quanto dichiarato da Andrei Turchak, un importante esponente del Parlamento di Mosca, durante una visita a Kherson, la città nel sud dell’Ucraina sotto controllo russo da marzo. Secondo Turchak la Russia resterà “per sempre” nel sud dell’Ucraina.
Zelensky ha poi commentato quanto sta avvenendo a Mariupol. Per il presidente ucraino i russi credono di poter restare “impuniti” rispetto “ai loro crimini di guerra, poiché hanno il potere di uno Stato nucleare”. Zelensky ha definito l’assalto russo all’Azovstal come un qualcosa che “non è un’azione militare”, bensì “una tortura” mediante il tentativo di prendere “per fame” gli assediati. Una strategia, ha rincarato, frutto “dell’atteggiamento bestiale” dei militari russi “alimentato da decenni di odio e di propaganda anti-ucraina”.