Camorra, intervista all’ex sindaco di Casal di Principe Renato Natale

di Raffaele De Biase

da sin: Roberto Saviano e Renato NataleCASAL DI PRINCIPE (Caserta). La commemorazione di Domenico Noviello, il titolare dell’autoscuola ucciso dal clan dei casalesi per aver denunciato in passato richieste estorsive, ha visto la partecipazione di Renato Natale,ex sindaco di Casal di Principe ma, soprattutto, per anni, unico punto di riferimento per chi in queste terre rifiutava le logiche della camorra.

Ricordiamo come, all’epoca della sua sindacatura, il clan non esitò a manifestare tutta la sua avversione nei confronti del combattivo primo cittadino facendo depositare davanti al portone di casa sua quintali di sterco di bufala. Con Natale abbiamo scambiato alcune considerazioni.

Casal di Principe è chiamata a commemorare l’ennesimo fatto di sangue, ma dalla comunità locale si scorgono anche segnali, seppur timidi, di una volontà di riscatto e di cambiamento. In particolare, depone bene un certo fermento associazionistico, teso ad affermare il culto della legalità. Quali sono le sue riflessioni e le sue speranze a riguardo? Casal di Principe, purtroppo, negli anni è stata vittima di un’omologazione da parte di media, da cui è stata quasi sempre ritratta unicamente come terra di camorra e camorristi. Una visione parziale che non ha tenuto conto di quelle attività sociali e culturali che da anni una decina di associazioni di Casal di Principe conducono sul territorio e che dovrebbero far capire che a Casale c’è anche altro, anche se, magari, non fa lo stesso rumore del morto ammazzato. Del resto, una rappresentazione drammaticamente speculare di quanto sia composita la realtà di Casal di principe ce la fornisce questo stesso cimitero in cui, oltre ai camorristi morti in guerre di camorra, sono sepolti anche uomini come don Peppe Diana e Domenico Noviello che certe logiche hanno sempre avversato. A mio parere occorre lavorare molto, da parte di tutti, sul piano della costruzione di culture alternative, della divulgazione dei valori della solidarietà e della legalità, le strade autentiche, i due binari, che possono condurre al vero riscatto di questi territori. Dare, quindi, nuove, autentiche e diverse occasioni per una rappresentazione anche mediatica di Casal di Principe positiva.

Si sta parlando, da qualche tempo a questa parte, dell’utilizzo a fini sociali dei beni confiscati alla camorra come momento significativo della lotta ai clan. Su questo versante, però, spesso si riscontrano dei rallentamenti, delle riluttanze, quasi delle ritrosie da parte di chi, invece, sarebbe chiamato a velocizzare certi processi. Qual è il suo pensiero in proposito? Su questo tema occorre partire anche da una visione storicistica. Credo che dal periodo immediatamente successivo all’unità d’Italia, quando il nascente Stato dovette occuparsi della gestione di tanti beni appartenuti prima alla Chiesa, mai prima di allora le Istituzioni siano state chiamate a far fronte ad una così rilevante mole di beni, da gestire e destinare a fini sociali. Un patrimonio enorme frutto dell’applicazione di una legislazione antimafia relativamente recente. Quindi, innanzitutto, ci sono comprensibili, oggettivi, problemi organizzativi. Certo, ci sono anche delle resistenze, è indubbio e credo che lo sapessero sia Libera, quando nel ‘94 ha lottato per la legge sul riuso a fini sociali dei beni confiscati, sia il legislatore. Ci sono opposizioni al riuso dei beni confiscati; è vero. Non dimentichiamo, però, che gli amministratori di questi comuni vivono in terre difficili, per cui è facile per chi sta all’esterno dire si dovrebbe fare questo o quello, ma è molto più difficile quando poi sei chiamato tu a fare quelle cose che dall’esterno si invocano. Non dobbiamo chiedere a nessuno di essere degli eroi. Oggi il clima è già diverso rispetto a un tempo. C’è maggiore attenzione su certi temi, se ne parla, se ne discute, esponenti di varie parti politiche si impegnano per trovare soluzioni. La Regione Campania ha messo a disposizione fondi per la ristrutturazione e l’adeguamento dei beni confiscati, la normativa è stata modificata con l’istituzione di un Commissario ad hoc che, sostituendo il ruolo un tempo coperto dall’Agenzia delle entrate, dovrebbe agevolare certe dinamiche. Tutto ciò considerando sempre che si tratta di questioni complesse che hanno, pertanto, bisogno di risposte complesse e tempi adeguati.

Sin qui le dichiarazioni di Natale; in gran parte condivisibili, certo, anche se, a riguardo, chi scrive si permette di eccepire che nelle nostre zone essere amministratori ed essere uomini coraggiosi dovrebbe essere un unicum vista la gravità delle piaghe sociali che le attraversano. Non si nasce amministratori, né ce lo prescrive il medico, per cui chi si pone come candidato a sindaco e quindi come faro di una comunità, per quanto tormentata essa possa essere, deve assumerne anche gli oneri consequenziali, fra cui denunciare chiunque si ponga di traverso sul percorso del progresso morale di un paese o città che dir si voglia. Spesso, invece, per non dire quasi sempre, si pensa che fare il sindaco significhi girare tronfi per le piazze del rispettivo paese, stringendo mani ai lacchè di turno, sedersi in prima fila alle finali di concorsi di bellezza o a spettacoli vari, dare il calcio d’avvio alle partite del cuore, essere inquadrati dalle televisioni, locali o non esse siano. No signori, sarebbe troppo facile…

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