L’affare delle case in fitto alle famiglie dell’Us Navy

di Redazione

Us NavyCASAL DI PRINCIPE. Un cane. Basta un cane, non importa se di razza o un semplice bastardino, per uscire dal recinto di Gricignano e ottenere una casa con giardino.

Basta avere un qualunque animale domestico per chiedere all’amministrazione dell’Us Navy un alloggio più grande, lontano dalla cittadella abitata solo dagli americani, funzionale ed efficiente ma senza giardini. La domanda generalmente viene accolta, l’interessato può scegliere l’appartamento più adatto alle sue esigenze dall’elenco delle case visionate dall’amministrazione Usa, assai esigente sui requisiti di sicurezza e di agibilità. Ed è così che 250 famiglie americane vivono tra San Cipriano e Casal di Principe, a cinque minuti di auto dalla base Nato ma in appartamenti privati. Un affare per tutti: per gli americani e per gli italiani, che riescono a incassare canoni di locazione decisamente più alti di quelli che i compaesani sono disposti a pagare. Per inserire la propria casa nell’elenco degli alloggi disponibili è sufficiente conoscere un intermediario, persona del posto che però mastica un po’ di inglese, e superare la severa prova di collaudo. Poi il gioco è fatto e la rendita assicurata per anni e anni, fino a quando fa comodo. Perché gli inquilini americani hanno il pregio di soggiornare in Italia per periodi brevi, e quando c’è la figlia da sposare non c’è bisogno della causa per sfratto: di lì a qualche mese la casa certamente sarà disponibile. Giuseppe Setola, il killer «imprendibile» al quale da settimane stanno dando la caccia carabinieri e polizia, quell’intermediario deve conoscerlo assai bene, se è riuscito a inserire nell’elenco i venti appartamenti intestati al suocero del fratello, Emilio Baldascino, sequestrati ieri mattina dalla Dda di Napoli. Alloggi tutti dati in fitto agli americani dell’Us Navy di Gricignano. Tra i beni di proprietà del capo dell’ala militare del clan dei Casalesi, il protagonista della tragica stagione di sangue che ha fatto sedici morti e almeno due feriti in quattro mesi, c’è anche un’impresa edile impegnata in un importante lavoro a Pontecorvo: la costruzione del nuovo centro commerciale. Un affare da decine di milioni di euro, soldi che vanno a sommarsi a quelli censiti dagli investigatori della Dia a dalla Guardia di Finanza di Marcianise, che per ricostruire il patrimonio del killer molto hanno lavorato sulle dichiarazioni di Gaetano Vassallo, l’uomo delle ecomafie che collabora con la giustizia da quasi sei mesi. L’ultima creatura della famiglia Setola e dei suoi parenti che gli facevano da prestanome è un bar lussosissimo, «Le sirene», inaugurato a Casal di Principe dieci giorni fa, proprio mentre Terra di Lavoro si svegliava sotto il sangue dei sei morti della strage di Castelvolturno. Il bar è stato allestito, sostengono gli investigatori, con i soldi delle tangenti pagate da commercianti e imprenditori. Tra quelli, anche i 40mila euro che i propietari del caseificio «Ponte a mare» sono stati costretti a versare al complice di Setola, Oresta Spagnuolo, nei primi giorni della guera di camorra e subito dopo l’omicidio di Domenico Noviello.

Il Mattino (ROSARIA CAPACCHIONE)

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