“Vittima innocente”, l’odissea del maresciallo Alfonso Bolognesi nel libro dell’avvocato Crisileo

di Redazione

La prefazione al libro di Raffaele Crisileo sull’odissea del maresciallo Alfonso Bolognesi, “Vittima innocente”, porta una firma d’eccezione: quella di Patrizio Gonnella, presidente nazionale di “Antigone” ed esperto del Consiglio d’Europa sui luoghi di privazione della libertà. Tra qualche mese la presentazione del volume in grande stile. – continua sotto –

59 anni, nativo di Pontecagnano Faiano (Salerno), Bolognesi di recente è tornato in servizio al comando provinciale di Salerno. Nel 2008, quando era a capo della stazione carabinieri di Pinetamare, frazione di Castel Volturno (Caserta), il suo nome fu accostato a quello di Giuseppe Setola, capo dell’ala stragista del clan dei casalesi, autrice della “strage di San Gennaro”, in cui morirono sei immigrati, tutti senza precedenti, uccisi per rappresaglia. In particolare, secondo un pentito, Bolognesi era un “confidente” del gruppo criminale. Dopo 14 anni di processo, 3 procedimenti penali e 4 anni di carcere espiati, è stato assolto in sede di giudizio di revisione.

Patrizio Gonnella, nel presentare il libro di Crisileo, scrive: «“Ci sarà pure un giudice a Berlino” implorava il mugnaio Arnold, sperando di ottenere quella giustizia che fino ad allora gli era stata negata e di riavere il mulino che gli era stato ingiustamente confiscato. Conosciamo questa storia, vera o verosimile che sia, grazie a Bertolt Brecht. Risale più o meno alla fine del 1700. Proprio negli stessi anni in cui Cesare Beccaria dava alle stampe quel meraviglioso libretto che segnerà in meglio la storia del diritto penale nell’era moderna. Il filosofo milanese nella sua grandiosa opera “Dei delitti e delle pene”, in forme razionali e geometriche, ha costruito un modello processuale che avrebbe dovuto assolvere al suo duplice compito – consistente nell’avvicinarsi il più possibile alla verità dei fatti e assicurare al contempo adeguate garanzie alla persona accusata di un delitto – usando tutte le possibili accortezze investigative e procedurali. Le prove, per Beccaria, devono essere sempre affidabili e le accuse sempre chiare. La libertà personale è un bene troppo prezioso. Richiede che il potere repressivo sia esercitato con la massima cautela. Quella cautela in poenam che papa Francesco, in uno straordinario discorso sulla giustizia e il carcere rivolto all’associazione internazionale degli studiosi di diritto penale, ha affermato debba permeare di sé ogni tassello del potere di punire. Il carcere è sofferenza. Lo stesso processo è una sofferenza. E carcere e processo saranno sempre più produttori di dolore tanto più ci si allontana dai principi illuministici di una pena dolce, pronta, proporzionata, nonché esito di un processo giusto dalla durata ragionevole.

Il carabiniere Alfonso Bolognesi, così come il mugnaio Arnold, ha creduto nella giustizia, anche quando questa gli si è contrapposta nella forma più crudele. Non si è sottratto alla stessa anche quando essa aveva perso le sembianze e l’equilibrio di una bilancia. Da uomo rispettoso delle istituzioni ha lottato nei confini della legge per far conoscere la sua verità. Opportunità che non gli era stata precedentemente fino in fondo consentita. Alla fine ha trovato anche lui un giudice a Berlino che gli ha restituito libertà e dignità, due parole che non possono che andare insieme, come ci hanno insegnato Beccaria e Kant. – continua sotto –

La storia di Alfonso Bolognesi è una vicenda che per vari tratti assomiglia tragicamente ad altre, ma per una se ne è profondamente e fortunatamente per lui distinta: Alfonso Bolognesi ha ottenuto la revisione del processo. I casi di revisione del processo sono molto pochi nella realtà dei nostri tribunali. La revisione del processo mette in discussione la verità processuale, segna la tangibilità del giudicato. Ebbene, Alfonso Bolognesi, nel nome di un’altra verità, quella storica, quella che la sua coscienza ben conosceva, ha cambiato la verità processuale. Non si è mai rassegnato, anche quando era in carcere a scontare una pena ingiusta. Ad Alfonso Bolognesi è stata restituita la divisa da Carabiniere. Con questo libro, il racconto allo stesso tempo bello e tragico della sua vita, gli restituiamo anche una piena dignità sociale».

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