Frode Iva su carburanti: maxi sequestro da 136 milioni di euro nel Salernitano

di Redazione

I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Salerno hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali nei confronti di 9 soggetti, procedendo anche al sequestro di beni e valori per un importo superiore ai 136 milioni di euro. – continua sotto –

R.C., 35 anni, è finito in carcere, agli arresti domiciliari altri 4 indagati, L.C., 61 anni, B.C., 31, D.B.V., 42, F.D, 41, e divieto di dimora nelle province di Salerno e Avellino, nonché nel comune di Roma, per altre cinque persone M.P., 55 anni, G.D.R., 52, G.R., 45, V.L., 35. Nel complesso, le indagini riguardano 82 persone, a carico delle quali vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ricettazione, riciclaggio e reimpiego di denaro provento di reato, omesso versamento d’imposte, sostituzione di persona, falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico.

Le indagini, condotte congiuntamente dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Salerno e dalle Compagnie Guardia di Finanza di Scafati e Nocera Inferiore, sotto il coordinamento della Procura nocerina, hanno riguardato i promotori e gli organizzatori di un sodalizio criminale avente stabile sede operativa a Castel San Giorgio (Salerno) che, attraverso la gestione di 12 società di capitali, si sono resi responsabili di una ingente “frode carosello” riguardante la vendita di carburante.

Secondo l’ipotesi accusatoria, allo stato confermata dal giudice per le indagini preliminari, sarebbero state annotate, nell’arco temporale compreso dal 2017 al 2020, nelle scritture contabili delle società coinvolte, fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, ossia poste in essere realmente ma tra soggetti differenti da quelli indicati sul documento fiscale, per un importo superiore ai 900 milioni di euro, con una sottrazione al pagamento dell’imposta sul valore aggiunto di oltre 160 milioni di euro. – continua sotto – 

Il meccanismo evasivo coinvolgeva a monte alcune società titolari di depositi fiscali di prodotti petroliferi e/o destinatari registrati, con sede a Roma che – previo versamento delle accise – provvedevano alla cessione di ingenti quantitativi di carburante a società “cartiere”, in quanto prive di una reale operatività e struttura patrimoniale. Tale transazione veniva posta in essere non applicando l’Iva, sulla base della presentazione di false dichiarazioni di intento con le quali le menzionate “scatole vuote” attestavano in modo non veritiero di essere in possesso dei requisiti di esportatore abituale.

Nella fase finale dell’intera catena distributiva, lo stesso carburante, dopo essere giunto a due società dell’agro nocerino-sarnese, di cui una nota per essere tra le cinque maggiori in Italia per distribuzione di prodotti energetici, veniva immesso in commercio. Le società “cartiere”, nell’interporsi tra il deposito fiscale e gli operatori salemitani, non procedevano al versamento delle imposte dovute sulle cessioni, consentendo a quest’ultimi di detrarsi indebitamente l’Iva e praticare conseguentemente prezzi inferiori a quelli di mercato, con un evidente effetto distorsivo della concorrenza.

Le indagini, sviluppate attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, la disamina di documentazione contabile ed extracontabile, accertamenti bancari su un numero rilevante di rapporti di conto corrente personali e societari, hanno permesso di delineare, sulla base dell’impostazione accusatoria, la piena consapevolezza circa la realizzazione di una condotta truffaldina da parte di tutti i soggetti che operavano ai vari livelli della filiera commerciale, ovvero rappresentanti legali e di fatto dei depositi fiscali, delle società interposte e di quelle beneficiare del sistema evasivo. – continua sotto – 

I soggetti economici salernitani erano gestiti dal principale indagato, dominus dell’associazione, con il fattivo contributo dei suoi collaboratori i quali, anche in assenza di formali rapporti di subordinazione lavorativa, ne curavano la gestione contabile e finanziaria. Contestualmente, sono state rilevate diverse condotte finalizzate a riciclare gli illeciti capitali accumulati, attraverso vorticosi trasferimenti di flussi finanziari, transitati su più conti corrente ed utilizzati, tra l’altro, per l’acquisto di unità immobiliari e in investimenti in ulteriori e distinte persone giuridiche.

Gli addebiti contestati si inseriscono nel solco di quanto già emerso nel luglio 2020 quando, nel corso di una perquisizione domiciliare venne posto sotto sequestro denaro contante per un importo complessivo di 1 milione e 8.935 euro, in banconote di diverso taglio, considerato profitto dei reati tributari commessi.

Rilevante, poi, la contestazione a dieci persone giuridiche coinvolte nel sistema frodatorio della responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato, ai sensi del decreto legislativo 231 del 2001. Si tratta, come noto, di una specifica forma di responsabilità amministrativa ascrivibile agli enti forniti di personalità giuridica in relazione ad alcuni reati tassativamente indicati dal legislatore commessi, nell’ interesse o a vantaggio dell’ ente, da persone fisiche che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione (“apicali”) o da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei predetti soggetti (“sottoposti”), i quali non devono avere agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Nei casi per i quali questo Ufficio procede estata contestata l’ipotesi di responsabilità amministrativa dipendente da reati tributari, in ossequio ad una modifica normativa intervenuta nel 2019.

Il sequestro, operato nella forma diretta e per equivalente, riguarda, nella misura di oltre 108 milioni di euro, due società a responsabilità limitata, che avrebbero utilizzato le fatture soggettivamente false. IN ALTO IL VIDEO

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