“Everything Everywhere All At Once”, trionfo epocale agli Oscar

di Gaetano Bencivenga

E agli Oscar venne l’asso pigliatutto. Con un trionfo, quasi senza precedenti per le categorie coinvolte, “Everything Everywhere All At Once”, film che esplora il metaverso e gli universi paralleli, di Daniel Kwan e Daniel Scheinert ha sbaragliato la concorrenza, contrassegnando una 95esima edizione della Notte delle Stelle tornata ai fasti prepandemici. – continua sotto – 

Le sette statuette, su undici nomination, sono, infatti, considerate “pesanti” in quanto a prestigio e rilevanza e sono andate al sorprendente film, alla sfavillante regia dei cosiddetti Daniels, alla rutilante sceneggiatura originale, al serrato montaggio, ai magnifici attori, la protagonista Michelle Yeoh, e i non protagonisti maschile, Ke Huy Quan, e femminile, Jamie Lee Curtis.

Particolarmente apprezzati sono stati i discorsi di ringraziamento di questi ultimi. La Yeoh, di origine malese, ha evidenziato il fatto di essere la prima asiatica a ottenere il riconoscimento da protagonista, invitando tutte le donne a non abbandonare mai l’idea di perseguire i loro sogni a qualsiasi età. Huy Quan, nato in Vietnam, si è invece commosso, ricordando i suoi inizi da immigrato e dedicando il premio alla madre. La Lee Curtis, invece, ha rinverdito il suo curriculum da attrice di genere e di supporto, non potendo non celebrare, però, la memoria dei suoi famosi genitori Tony Curtis e Janet Leigh, candidati e mai vincitori di un Academy Award.

In tale scenario, si può dire, fagocitato dal plebiscito nei confronti di un’opera ritenuta, a suo modo, rivoluzionaria, si è fatto spazio, anche, il solido cinema dal racconto lineare e più tradizionale grazie al miglior attore protagonista Brendan Fraser, che in “The Whale” di Darren Aronofsky veste i panni extralarge di un professore obeso alle prese con un problematico riavvicinamento alla figlia adolescente, ed egli stesso riuscito a ritrovarsi dopo un periodo di buio esistenziale; e al tedesco “Niente di Nuovo sul Fronte Occidentale” di  Edward Berger. Il terzo remake, dall’ottica essenzialmente pacifista, tratto dall’omonimo romanzo di Eric Maria Remarque è stato davvero apprezzato dalla vecchia guardia hollywoodiana, meritando oltre allo scontato alloro per il lungometraggio internazionale, anche quello per la fotografia. – continua sotto – 

Sarah Polley ha prevalso per la sceneggiatura adattata del potente e impegnato “Women Talking”, mentre la quota “tecnica” se la sono, equamente, spartita i due blockbuster dell’anno “Avatar: la via dell’acqua” di James Cameron (effetti speciali) e “Top Gun Maverick” di Joseph Kosinski (sonoro).

Disfatta totale, invece, per i pur bellissimi “The Fabelmans” di Steven Spielberg e “Gli spiriti dell’isola” di Martin McDonagh, rimasti immeritatamente a bocca asciutta. L’Italia non aveva grandi aspirazioni, essendo rimasta fuori dalle candidature per il film internazionale, ma comunque i nominati Alice Rohrwacher (corto) e Aldo Signoretti (acconciatura) non hanno portato a casa nessuna statuetta.

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