Benevento, sparata alla testa: arrestato ex compagno che ordinò omicidio dal carcere

di Redazione

Svolta nel tentato omicidio di Annamaria Taddeo, 32enne di Benevento che, lo scorso 11 novembre, fu raggiunta da un colpo di pistola alla fronte che, fortunatamente, non le causò danni gravissimi. – continua sotto –

Gli investigatori della Squadra Mobile sannita hanno eseguito un’ordinanza di arresto nei confronti di Nicola Fallarino, 38 anni, ex compagno della vittima, accusato di essere il mandante del delitto. L’uomo è già detenuto per altri reati in Sicilia, nel carcere di Augusta, dove gli è stato notificato il provvedimento cautelare. Ancora da identificare l’esecutore materiale del delitto: sospettato un 28enne, condotto in Questura e sottoposto allo stube, risultato però negativo, quindi rilasciato e denunciato a piede libero.

Effettuate, intanto, perquisizioni personali, locali ed informatiche, con conseguenti sequestri, nei confronti di 28 persone residenti nella provincia sannita altre 12 detenute tra le carceri di Benevento e Augusta.

Le indagini sono state avviate in occasione del grave episodio delittuoso avvenuto la mattina dell’11 novembre quando i poliziotti della Mobile raggiungevano il civico 2/B di via Ferrara, a Benevento, dove era stata segnalata l’esplosione di un colpo d’arma da fuoco nei confronti di una residente, rinvenuta sul pianerottolo mentre perdeva sangue dalla testa e rapidamente trasportata in ospedale, dove le veniva riscontrata una frattura chiusa della volta cranica con un corpo estraneo conficcato al lato sinistro della fronte. – continua sotto –

Agli investigatori la donna dichiarava di essere stata attinta alla testa da un colpo d’arma da fuoco sparato a bruciapelo sul pianerottolo di casa, di essersi accasciata al suolo, pur non avendo perso i sensi e di essersi finta morta, potendo così vedere il killer che entrava nell’appartamento da lei abitato, frugando nella sua borsa e uscendo portando con sé i suoi telefoni cellulari e, come accertato solo successivamente, anche la somma di 2mila euro.

Nella stessa mattinata venivano acquisite le immagini di videosorveglianza delle zone pertinenti al luogo del fatto e, come indicato dalla vittima, emergeva che l’autore si era allontanato indossando un casco integrale in sella ad uno scooter, risultato rubato a Napoli e trasportato e nascosto a Benevento alcuni giorni prima del tentato omicidio, pronto per essere utilizzato per il delitto. Venivano poi sequestrati un bossolo calibro 6,35 e la relativa ogiva estratta direttamente dalla fronte della donne, insieme a due telefoni cellulari in uso alla vittima, di cui si era disfatto il killer a breve distanza dal luogo del reato dopo aver provveduto a danneggiarli per tentare di distruggere le prove della responsabilità del delitto, tuttavia rinvenute sugli stessi dispositivi.

Infatti, l’analisi forense effettuata sui telefoni consentiva di recuperare alcuni fondamentali messaggi dai quali emergeva chiaramente, secondo quanto sostengono dagli investigatori, che Nicola Fallarino aveva maturato il proposito di attentare alla vita dell’ex compagna già diversi giorni prima del tentato omicidio perché non tollerava l’interruzione della relazione, che li legava da tempo, e dei colloqui in carcere da parte della donna e la nuova vita sentimentale della stessa, e pretendeva, a causa di ciò, che la 32enne abbandonasse l’appartamento in cui avevano convissuto e l’attività commerciale, un bar, da lei gestita da tempo ma di cui l’ex compagno rivendicava l’appartenenza nonostante non ne risultasse neppure formalmente proprietario. – continua sotto –

Nei messaggi alla donna l’indagato la minacciava reiteratamente che l’avrebbe fatta sparare, le avrebbe fatto incendiare tutto quanto posseduto da lei e dalla sua famiglia, dalla casa alla macchina, alle attività commerciali dalla stessa gestite, e le avrebbe fatto, inoltre, “terra bruciata” intorno, costringendola ad andar via da Benevento quale “pena” da pagare per essersi allontanata da lui; tutte minacce reiterate in più di una occasione. Venivano, quindi, avviate attività di intercettazione, su più utenze in uso all’indagato, sia pure in stato di detenzione, dalle quali emergeva che l’uomo, dopo aver appreso del fallimento del tentativo, affermava senza mezzi termini che, nonostante fosse detenuto, aveva ugualmente la possibilità di far uccidere chiunque, in qualsiasi momento, fin dentro il letto di casa, ed anche con estrema facilità, potendo contare su numerose amicizie, maturate anche in ambiente carcerario, con soggetti pronti a raggiungere Benevento, a colpire ed andare via. Continuava a pretendere, inoltre, che la vittima e la sua famiglia dovevano restituirgli il bar altrimenti sarebbero morte entrambe, madre e figlia, e che stava aspettando che uscisse di galera il padre della vittima per far uccidere anche lui, oltre a voler far saltare in aria il bar con delle bombe che aveva nella sua disponibilità, a riprova della fitta rete di uomini di fiducia disposti ad eseguire i suoi ordini anche quelli più gravi e complessi.

Non lesinava, peraltro, in ulteriori conversazioni, continue minacce di morte e spedizioni punitive di altro genere anche contro i presunti nuovi compagni della donna, attuali ed eventualmente futuri, nonché contro tutti i soggetti rei di essersi schierati dalla parte della donna ed otteneva dal proprio interlocutore, soggetto libero, un controllo morboso e quotidiano sugli spostamenti e le frequentazioni della vittima, così dimostrando di poter contare di una fitta rete di appoggio fatta anche di soggetti liberi che gli consentivano anche, nonostante lo stato di detenzione, di monitorare, fino al giorno dei fatti, finanche tutto quanto avveniva nell’attività commerciale da lui rivendicata mediante un impianto di videosorveglianza direttamente collegato al proprio cellulare.

Emergeva anche che l’indagato intrecciava rapporti con numerosi soggetti disponibili a farsi intestare fittiziamente attività commerciali anche dopo il grave evento. Ed ancora rappresentava in più di un’occasione che la cessazione della relazione sentimentale, evidentemente decisa dalla donna e da lui mal subita e vissuta come un’onta, doveva portare con sé la fine di tutti i “benefici” ad essa connessi.

Emergevano, dunque, gravi indizi in ordine alla circostanza che l’indagato avesse premeditato e ordinato l’omicidio della donna per il risentimento e la rabbia per la fine della relazione con la stessa che, resistendo strenuamente a tutte le minacce subite, da mesi non si recava più a colloquio, pretendendo di costringerla, conseguenzialmente, a lascargli il bar e l’appartamento di via Ferrara 2/B, in cui la donna continuava ad abitare. Un movente che si accompagnava anche al suo sospetto che la donna stesse progettando di uccidere il figlio quale ritorsione per tutte le minacce da tempo subite dall’indagato.

Sempre nel corso della mattinata di oggi, contestualmente all’esecuzione della misura cautelare nei confronti di Nicola Fallarino, con l’ausilio di personale del Reparto Prevenzione Crimine e della Polizia Penitenziaria, al fine di accertare compiutamente i fatti ed in particolare, al fine di giungere all’identificazione dei complici e della vasta rete di appoggio al detenuto, sono state eseguite perquisizioni personali, locali ed informatiche, con conseguente sequestro di corpi del reato o cose pertinenti al reato nei confronti di 28 soggetti liberi residenti nella provincia di Benvevento, due soggetti detenuti nella casa circondariale beneventana e 10 soggetti detenuti nella casa circondariale di Augusta. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati 3 telefoni cellulari nel carcere di Augusta, numerosi altri, oltre pc e tablet, da esaminare, presso le abitazioni, 3,50 grammi di hashish, 4,30 grammi di cocaina con arresto in flagranza del possessore, numerosi titoli di credito di importo rilevante su cui saranno svolte indagini.

Infine, è stato portato ad esecuzione e notificato al detenuto, sempre su ordine della Procura di Benevento, il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti nei confronti di condannato già detenuto con il quale, in seguito a decisione della Corte di Assise di Benevento, in funzione di giudice dell’esecuzione, su richiesta della procura sannita, applicava l’ergastolo ma con l’isolamento diurno per la durata di un anno e pene accessorie, poiché lo stesso doveva espiare, oltre l’ergastolo, una pena cumulata di 26 anni e 8 mesi di reclusione per altre condanne. IN ALTO IL VIDEO

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