“La cultura fortemente marcata dall’individualismo rischia sempre di far sparire la dimensione della comunità, dei legami vitali che ci sostengono e ci fanno avanzare”. Lo ha detto Papa Francesco nell’incontro all’Arena di Verona sulla giustizia e la pace. “Chi ricopre un ruolo di responsabilità in un’istituzione politica, oppure in un’impresa o in una realtà di impegno sociale, rischia di sentirsi investito del compito di salvare gli altri come se fosse un eroe. Questo avvelena l’autorità”, ha aggiunto. E sul tema dei conflitti: “Per porre fine alle guerre bisogna stare dalla parte dei piccoli”. Durante l’incontro, il Pontefice ha abbracciato un palestinese e un israeliano che hanno perso parenti a causa della guerra in Mediorente.
“Se l’idea che abbiamo del leader è quella di un solitario, al di sopra di tutti gli altri, chiamato a decidere e agire per conto loro e in loro favore, allora stiamo facendo nostra una visione impoverita e impoverente, che finisce per prosciugare le energie creative di chi è leader e per rendere sterile l’insieme della comunità e della società”, ha avvertito il Pontefice, secondo cui “nessuno esiste senza gli altri, nessuno può fare tutto da solo”. “Allora – ha proseguito – l’autorità di cui abbiamo bisogno è quella che innanzi tutto è in grado di riconoscere i propri punti di forza e i propri limiti, e quindi di capire a chi rivolgersi per avere aiuto e collaborazione. L’autorità è sostanzialmente collaborativa. L’autorità per costruire processi solidi di pace sa infatti valorizzare quanto c’è di buono in ognuno, sa fidarsi, e così permette alle persone di sentirsi a loro volta capaci di dare un contributo significativo”.
Per il Papa “questo tipo di autorità favorisce la partecipazione, che spesso si riconosce essere insufficiente sia per quantità che per qualità”. Inoltre “una grande sfida oggi è risvegliare nei giovani la passione per la partecipazione. La forza dell’insieme. Bisogna investire sui giovani, sulla loro formazione, per trasmettere il messaggio che la strada per il futuro non può passare solo attraverso l’impegno di un singolo, per quanto animato delle migliori intenzioni e con la preparazione necessaria, ma passa attraverso l’azione di un popolo, il popolo è protagonista, in cui ognuno fa la propria parte, ciascuno in base ai propri compiti e secondo le proprie capacità”.
Il Pontefice, durante l’incontro “Arena di Pace” a Verona, ha abbracciato l’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sarah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello, ora amici e collaboratori. Un grande applauso di tutta l’Arena di Verona, in piedi, ha salutato il discorso di pace pronunciato dai due familiari di vittime del conflitto dalla parte israeliana e da quella Palestinese. “Credo non ci sia bisogno di dire niente” ha commentato il Papa.
“La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri”, ha detto il Pontefice al termine dell’incontro all’Arena di Verona. “Dice San Paolo: ‘Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato – ha aggiunto -. Non seminiamo morte, distruzione, paura. Seminiamo speranza! È quello che state facendo anche voi, in questa Arena di Pace. Non smettete. Non scoraggiatevi. Non diventate spettatori della guerra cosiddetta ‘inevitabile’. Come diceva il vescovo Tonino Bello: ‘In piedi costruttori di pace!'”. IN ALTO IL VIDEO