I carabinieri del Comando per la Tutela del Lavoro, insieme ai comandi provinciali di Napoli e Caserta, hanno dato esecuzione a un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa dal Tribunale di Napoli Nord, su richiesta della locale Procura, nei confronti di sette persone, gravemente indiziate del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in agricoltura, il cosiddetto “caporalato”, in concorso.
Il provvedimento, che costituisce l’epilogo di una complessa ed articolata attività d’indagine finalizzata al contrasto del fenomeno del caporalato in agricoltura, è stato eseguito nei comuni napoletani di Casalnuovo di Napoli e Pollena Trocchia e in quello casertano di Villa Literno, nonché nel carcere Secondigliano dove alcuni indagati sono già detenuti. In particolare, per tre indagati è stata disposta la custodia cautelare in carcere, per altri tre la misura degli arresti domiciliari e, per un altro, l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le misure sono state eseguite nei confronti di sei dei sette indagati, poiché uno non è stato rintracciato in quanto si trova all’estero.
L’attività d’indagine, effettuata dai militari del Reparto operativo del Comando per la Tutela del Lavoro da gennaio a giugno 2023, ha fatto emergere a carico degli indagati gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, in concorso, poiché avrebbero reclutato e impiegato in condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno, oltre 60 lavoratori extracomunitari, risultati nella maggior parte dei casi privi di regolare permesso di soggiorno.
Le indagini, condotte anche con l’ausilio di strumentazione tecnica e, nelle fasi ispettive, con la collaborazione degli Ispettori del Lavoro dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e dei mediatori culturali dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), hanno consentito di accertare come ai lavoratori sarebbe stata corrisposta una retribuzione non solo palesemente difforme dai Contratti Collettivi di categoria, ma anche sproporzionata rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato. Inoltre, è emerso come i braccianti sarebbero stati costretti a subire reiterate violazioni della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, alla salute, igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché a sopportare condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza e situazioni alloggiative degradanti, venendo minacciati, in alcuni casi anche di morte, fatti oggetto di soprusi ai quali non sarebbero riusciti a sottrarsi in ragione del loro stato di bisogno. In particolare, i lavoratori avrebbero percepito una retribuzione oraria di circa 1,80/2,00 euro, lavorando da un minimo di 11 ore al giorno fino ad un massimo di 16, venendo esposti a situazioni di significativo stress psico-fisico, in ragione dagli elevati ritmi di lavoro a cui sarebbero stati sottoposti.
Gli investigatori hanno avuto modo di verificare – mediante mirati servizi di osservazione, controllo e pedinamento – come i lavoratori venissero trasportati sui luoghi di lavoro con veicoli fatiscenti, ben oltre il limite consentito dal veicolo per il trasporto in sicurezza, privi di sedute conformi, sostituite con cassette di plastica rovesciate, al fine di consentire il trasporto del maggior numero possibile di braccianti nonché seduti tra svariate taniche di benzina, da utilizzare per l’eventuale rifornimento del mezzo.
E’ stata constatata l’assenza di servizi igienici, di locali idonei per il consumo dei pasti e di idonei dispositivi protezione individuali (Dpi), oltre che le condizioni in cui i braccianti avrebbero condotto le operazioni di raccolta, anche in situazioni di meteo avverse, nelle cui circostanze, gli stessi – per proteggersi dalla pioggia scrosciante – si vedevano costretti ad utilizzare buste di plastica nera, adattate per l’eventualità, nonché scarpe e guanti procurati autonomamente e non a norma di legge. Le indagini permettevano, inoltre, di individuare il modus operandi utilizzato per il reclutamento dei lavoratori extracomunitari da impiegare successivamente in condizione di grave sfruttamento. Uno degli indagati, in collaborazione con gli altri soggetti, avrebbe reclutato e impiegato lavoratori di una seconda azienda, riconducibile ad altro indagato, mediante un fittizio contratto di affidamento per la raccolta di prodotti agricoli.
Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari personali, è stato eseguito un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca della somma di circa 200mila euro nei confronti di un’azienda agricola facente capo a due degli indagati.