Omicidio Pescara, Thomas ucciso per una “questione di rispetto”. I due fermati hanno infierito sul 17enne agonizzante

di Redazione

Thomas Luciani, il 17enne ucciso in un parco, a Pescara, domenica pomeriggio, sarebbe stato colpito a morte con 25 coltellate per una “questione di rispetto”. Il giovane doveva 250 euro a uno dei due minorenni fermati per l’omicidio. Quindici fendenti inferti da uno, dieci dall’altro. I due avrebbero infierito sulla vittima agonizzante a terra, sputandogli e spegnendo una sigaretta sul suo volto. Poi, una volta arrivati al mare dove hanno fatto il bagno, si sarebbero resi protagonisti di macabre battute su come era stato ridotto il ragazzino.

A meno di due giorni dal delitto, emergono nuovi sconcertanti dettagli, svelati dal quotidiano abruzzese “Il Centro”. Intanto, la madre di uno dei due ragazzi fermati, un avvocato, ha parlato al “Corriere della Sera”. “Non posso dire molto, c’è il segreto istruttorio. Però posso dire quello che mi riguarda: prego per chi c’è e per chi non c’è più. Ho il mio lavoro che mi dà fiducia nella giustizia e la mia fede, di più non voglio dire”.

I verbali degli interrogatori dei giovani testimoni dell’omicidio sono pieni di racconti di forte impatto emotivo. I due avrebbero raccontato delle coltellate agli amici, non si sa se per vantarsi. C’è un rischio di premeditazione perché si parla anche del coltello già nello zaino e mostrato agli altri già alla stazione, insieme a un cambio di vestiti usati dopo l’omicidio; l’altro indagato visto con una piccola pistola in mano, i tentativi di uno dei due indagati di intimidire gli altri ragazzini (“mentre camminavamo mi pare che abbia detto che questo doveva rimanere tra noi cinque”) e soprattutto l’evidente choc degli altri testimoni: “Io non ho reagito in nessun modo. Thomas faceva dei versi quasi di morte e loro gli dicevano di stare zitto… io ero allibito, non sapevo cosa fare, volevo fermarli ma non sapevo come fare. Mentre lo facevano sembrava che non ci stessero più con la testa”, ha detto un ragazzo.

“Nonostante l’accaduto siamo andati al mare a fare il bagno”, ha aggiunto, e lì uno dei due presunti assassini “si è disfatto del coltello che aveva avvolto in un calzino sporco di sangue, lasciandolo dietro agli scogli”. Sull’uso di stupefacenti, come probabile concausa dei fatti, uno dei testimoni è stato chiaro: “Io non ho fumato stupefacenti. Mentre eravamo insieme non hanno fatto uso di sostanze stupefacenti. In seguito hanno fumato erba, ma non io”.

La vittima aveva un debito di 250 euro con uno dei due ragazzi indagati. “Era diventata una questione di rispetto”, si legge ancora nei verbali degli interrogatori degli altri ragazzini coinvolti nella vicenda. Secondo la ricostruzione tutti si sono incontrati alla stazione di Pescara e da lì sono andati al Parco Baden Powell: uno dei due ragazzi indagati aveva già il coltello. Secondo le testimonianze, l’altro minorenne che non aveva nessun conto in sospeso con la vittima e non lo conosceva neanche, avrebbe preso il coltello e sferrato dei fendenti su Thomas a terra “perché siamo amici”. Dai verbali è emerso che il “creditore” era un piccolo spacciatore come anche la vittima.

“Tanto la giustizia prima o poi viene a galla. Spero”. Così Olga, la nonna di Thomas, intervistata dalla Tgr Abruzzo. “Non si può uccidere un ragazzino così. Era mingherlino, piccolino – ricorda -. Era un ragazzo d’oro. Aveva i grilli che hanno tutti i ragazzi di questa età. Non era un drogato e non era un tossico. Aveva tre anni e mezzo quando l’ho preso. L’ho cresciuto io, sono stata la mamma”. Alla domanda se la madre verrà qui, la donna risponde: “Mi chiede una cosa impossibile, non vuole vedere suo figlio in una bara”.

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