Veliero affondato, trovati cinque corpi nel relitto del Bayesian

di Redazione

Tre corpi sono stati recuperati e altri due individuati dai sommozzatori all’interno del relitto del Bayesian, il veliero affondato lunedì mattina a Porticello (Palermo). Dei tre cadaveri recuperati, due sarebbero stati identificati: si tratterebbe del banchiere Jonathan Bloomer e dell’avvocato Chris Morvillo. Intanto, continuano le ricerche dell’unico disperso rimasto.

I tre cadaveri recuperati sono stati trasferiti in banchina e caricati sulle ambulanze. Si attende ora il completamento delle operazioni di recupero e l’arrivo delle altre salme. Gli altri due corpi individuati si trovano ancora dentro il veliero e le operazioni di recupero sono particolarmente difficoltose.

Mentre sono ancora in corso le ricerche dei dispersi, con l’ausilio anche dei sub che hanno preso parte alle ricerche della strage della Concordia, gli inquirenti stanno cercando di far luce sulle cause che hanno portato alla tragedia. Tanti gli aspetti ancora da chiarire: la tromba d’aria è stata il punto di partenza di quel che è successo ma, come ripetuto da ingegneri navali, il super yacht “aveva tutte le chance per resistere a venti fortissimi, fulmini e muri d’acqua”. Secondo i sommozzatori, risultano intatti lo scafo e l’albero maestro di 75 metri del Bayesian, adagiato a 50 metri di profondità. E tra le ipotesi spunta anche quella dell’errore umano.

È durata oltre due ore l’audizione di James Catfield, 51 anni, comandante del Bayesien. I pm della Procura di Termini Imerese lo hanno ascoltato per ricostruire le fasi drammatiche dell’inabissamento e per acquisire dettagli tecnici utili alle indagini. I magistrati stanno ascoltando tutti i sopravvissuti all’interno del resort Domina-Zagarella. Intanto per le ricerche sono arrivati altri sub, compresi i sommozzatori che hanno preso parte alle ricerche della strage della Concordia, la nave da crociera avvenuto la notte tra il 13 e il 14 gennaio del 2012. In questo modo potranno essere intensificate le immersioni per cercare di raggiungere le cabine che si trovano nella parte bassa dello scafo.

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, la “The Italian Sea Group”, proprietaria di quella Perini Group di Viareggio che nel 2008 ha costruito il veliero, rivendica il fatto che, dai rilievi della guardia costiera, l’albero non si è spezzato, lo scafo è integro e non ha falle, i boccaporti sono chiusi e le vetrate integre. E allora le ipotesi si susseguono: a far inabissare la barca potrebbe essere stato un muro d’acqua che ha sollevato l’imbarcazione da poppa e l’ha spinta sott’acqua. Oppure il problema potrebbe essere stato l’ancoraggio in rada con l’allarme meteo.

Altre ipotesi arrivano dall’estero, dato che della vicenda – che coinvolge inglesi e americani – si stanno occupando gli esperti di mezzo mondo. E così il Financial Times solleva dubbi sulla posizione della “deriva mobile”, cioè di quella specie di “pinna” posizionata sotto lo scafo che serve a diminuire o aumentare la stabilità della barca a seconda delle necessità. E per il quotidiano, ripreso dal Messaggero, “se la chiglia fosse stata per qualche motivo in posizione sollevata anziché completamente estesa, ciò avrebbe compromesso la stabilità della barca in caso di vento forte. In genere, i capitani di yacht a vela con alberi particolarmente alti cercano di allontanarsi dalla zona di pericolo se sono previsti venti forti”. Ma in questo caso non è successo, e il perché è una delle domande alle quali gli inquirenti devono cercare di dare risposta.

Così spunta l’ipotesi dell’errore umano, anche se alcuni esperti sentiti dal Messaggero spiegano che è vero che la deriva mobile viene abbassata quando c’è mare grosso, ma “quando è arrivata la tromba d’aria non c’è stato il tempo per abbassarla, perché non è un’operazione che compi spingendo un bottone. Serve almeno mezz’ora”. E in effetti, dalle ultime ispezioni subacquee, la deriva mobile del Bayesian risulta essere parzialmente sollevata, probabilmente proprio perché il veliero si trovava in rada.

E sempre al Messaggero l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex capo di Stato maggiore della nostra marina militare, esprime le sue perplessità per il fatto “che una nave così attrezzata e così moderna sia affondata così rapidamente”. E quindi rileva che “se effettivamente non ci sono lesioni sullo scafo, l’acqua deve essere entrata attraverso dei portelli aperti. La nave a quel punto è andata rapidamente a fondo perché tonnellate di acqua si sono riversate all’interno”. IN ALTO IL VIDEO

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